di Stefano Sofi

Un attentato, un processo farsa, un innocente dichiarato colpevole,  la condanna all’ergastolo. Totalmente ignorate le prove e le testimonianze a discolpa. Faceva comodo che le cose andassero così, insomma. Nessuno a cercare il vero colpevole, tanto un capro espiatorio c’era già. Accadeva a Firenze nel 1878 ma non mancano le  analogie con vicende giudiziarie più vicine nel tempo: tante, complessivamente catalogate come “malagiustizia”.

Un’incredibile storia umana e politica quella dell’anarchico fiorentino Cesare Batacchi che l’editore Galzerano, infaticabile ricercatore e custode della memoria  popolare e libertaria,  ci propone documentando ulteriormente e approfondendo sotto il profilo storico politico quella che già di per sé è una vera e propria chicca: le venti dispense settimanali pubblicate nel 1900 da Eugenio Ciacchi che, per contribuire a quel vasto movimento di opinione che  chiedeva la liberazione di Petacchi, aveva messo sotto la sua lente d’ingrandimento le bugie e le contraddizioni emerse nelle varie udienze con gli interrogatori, le testimonianze, le arringhe degli avvocati. Tutto ciò partendo dalla “confessione” dei due accusatori pentiti già pubblicata nel 1882 da Francesco Pezzi, testo divenuto poi fondamentale per la difesa dell’innocente anarchico fiorentino.

L’attentato al re di Passannante

A  essere stritolato dagli artigli feroci del potere, quella volta era toccato infatti al macchinista teatrale Cesare Batacchi, anarchico come gli altri sei che con lui finirono in galera.  Accadeva il 18 novembre del 1878, il giorno dopo il fallito attentato al re Umberto I a Napoli ad opera di Giovanni Passannante che lo mancò con il suo coltello. C’era molta tensione e in tutto il paese vennero organizzate manifestazioni di solidarietà al re. Firenze non fu da meno ma durante il corteo lo scoppio di una bomba provocò la morte di quattro persone e diversi feriti.  Batacchi, noto alla polizia per la sua attività politica, era stato preventivamente messo in cella per impedirgli, nel caso, di pianificare qualcosa. Ma venne fatto uscire dalla cella un’ora prima dello scoppio e tanto bastò per rendergli impossibile l’alibi perfetto e anzi sostenere che era stato proprio  lui.

BATACCHI, Cesare

La retata tra gli anarchici

Nella retata vengono arrestati e poi processati nove tra i più noti militanti Internazionalisti: oltre a Batacchi, il tipografo Natale Conti, l’ovattaio Pietro Corsi, il calzolaio Lisandro Marchini, il pittore Agenore Natta, il verniciatore Natale Nencioni, il contadino Giuseppe Scarlatti, l’edicolante Sante Sicuteri e l’ebanista Aurelio Vannini, e  condannati a venti anni di galera. Batacchi all’ergastolo.

Alla riproposizione del lavoro di Eugenio Ciacchi si affianca e opera in sinergia l’ulteriore ricerca giornalistica e archivistica condotta da Giuseppe Galzerano che documenta  l’interessante, sconosciuto e clamoroso caso di malagiustizia ai danni di un innocente che la stampa italiana ed estera, paragonò all’affaire di Alfred Dreyfus, insieme alla dura e cieca repressione, alla lunga e coraggiosa battaglia per fare riconoscere l’innocenza di  Batacchi e degli Internazionalisti, condannati per un attentato che non solo non avevano  commesso, ma neanche mai pensato.

Il rapporto segreto del console

Da questa ricerca si scopre che il governo liberticida, pur sapendo – dalle ritrattazioni del 1881 e da un rapporto del 1894 del Console di Ginevra – che le bombe «utilizzate» a Firenze erano di provenienza poliziesca e ministeriale, non fece nulla per liberare i sette proletari, innocentemente condannati.

Tuttavia né magistratura né polizia vollero tornare sui propri passi e riabilitare il macchinista teatrale. In seguito a queste rivelazioni clamorose gli internazionalisti iniziarono una agitazione per la revisione del processo, e nel 1882 Francesco Pezzi pubblicò un opuscolo sul Batacchi con le dichiarazioni dei due testimoni che divenne, da lì in poi,  un testo fondamentale per la difesa dell’anarchico fiorentino.

Poco dopo la pubblicazione delle venti dispense settimanali redatte da Ciacchi, i socialisti presentarono Batacchi come candidato nel collegio di Pietrasanta durante le elezioni del 1900:  venne eletto ( ma l’elezione venne poi invalidata) e il suo caso fu discusso in parlamento il 10 marzo 1900. Cinque giorni dopo, di  fronte alla crescente protesta popolare per la evidente ingiustizia, il re Umberto I gli  concede la grazia reale, anche se Batacchi non ha mai  voluto sottoscrivere nessuna domanda.

Fu l’ultimo ultimo dei condannati del 1879 a lasciare il Mastio di Volterra. Di quei giorni racconta una canzone popolare che, tra l’altro, dice:

<Ah me ne stavo mesto a lavorare
rinchiuso dentro il maschio di Volterra;
un secondin mi venne a salutare
con lieto volto la mano mi serra
e mi dice: «Allegro, grazia faranno a te
tutti i giornali parlano, combattano per te».

Grazia l’ accetterò se mi daranno
coi miei diritti di buon cittadino,
sono innocente e l’è già ventun anno
non vo’ morir col marchio d’assassino.
Sette innocenti ci voller condannar,
ma i nostri patimenti, chi li compenserà? >

Cesare Batacchi, un innocente condannato all’ergastolo

di Eugenio Ciacchi e Giuseppe Galzerano

Edizioni Galzerano/ Atti e memorie del popolo

Pag. 560 con foto

Euro 25