Il 20 aprile del 1818 Ferdinando I emanò una direttiva che uniformava il sistema monetario del regno. La moneta, la più solida d’Italia, era il Ducato, presente in circolazione in coni aurei da 3, 4, 6, 15, 30. Il Ducato era suddiviso in 10 Carlini, che equivaleva a sua volta a 10 Grana. Vi era poi il Tornese (2 tornesi equivalevano a un grano, cioè ad un centesimo di Ducato) e infine il Cavallo (6 cavalli equivalevano ad un Tornese). In Sicilia la moneta era l’Oncia, circolante in coni da 1 e da 2, e valeva 3 Ducati. Era suddivisa in 30 Tarì, ovvero in 300 Baiocchi. Il Grano (pari a mezzo Baiocco, o a 6 Piccioli) valeva quindi 2 Grana napoletani. Un  Ducato Napoletano equivaleva  ad Euro 16,13 riferito al 2010. L’Oncia siciliana valeva 48, 39 Euro, sempre riferito al 2010. Le monete erano coniate in oro, argento e rame. Il sistema monetario era garantito in oro nel rapporto uno ad uno, la lira piemontese invece era garantita nel rapporto tre ad uno (ogni tre lire in circolazione erano garantite da una sola lira oro). Il governo unitario mise fuori corso il Ducato con la legge del 24 agosto 1862, triplicando in un sol colpo la massa monetaria incamerata con l’annessione del Sud.

Francesco II istituì una commissione con l’incarico di revisionare le tariffe doganali e di ridurre ulteriormente le aliquote di alcune tasse, ma anche questa commissione, istituita nel 1859 non poté terminare i suoi lavori perché nel frattempo il regno scomparve e con decreto piemontese del 24.9.1860 furono estese a Napoli, divenuta una semplice prefettura fra le tante,  le tariffe del regno di Sardegna.