Antonio Troise
Snella e utile, senza né lacrime né sangue. La sintesi forse più efficace della manovra da 20,4 miliardi varata ieri dal governo è firmata dallo stesso premier, Paolo Gentiloni. E forse, con le scarsissime risorse a disposizione, era obiettivamente difficile fare di più. Circa due terzi della Legge di Bilancio serviranno a scongiurare l’aumento dell’Iva che sarebbe scattato automaticamente il primo gennaio del 2018. Il resto, invece, è stato equamente ripartito su tre capitoli di spesa: lavoro, giovani e lotta alla povertà. Un ragionamento che non fa una piega. L’obiettivo della manovra, come ha ribadito ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è di confermare quella svolta dell’Azienda Italia nella direzione della crescita e del consolidamento. E i segnali positivi arrivati negli ultimi mesi sul fronte del Prodotto Interno Lordo sembrano dare ragione al responsabile del dicastero di via Venti Settembre.
Il capitolo dedicato allo sviluppo, del resto, non ha quasi subìto alcun ridimensionamento, a parte la piccola sforbiciata dello sconto (dal 140 al 130%) sul cosiddetto superammortamento. Confermato, invece, l’iperammortamento al 250%, destinato alle imprese che investono in linea con Imprtesa 4.0, il piano messo a punto dal ministro Calenda e che dovrebbe attivare nei prossimi tre anni investimenti per oltre 10 miliardi. Significativi anche gli interventi a favore dei ceti più poveri, con il rifinanziamento al rialzo del reddito di inclusione. L’altro tassello della “manovrina” di Gentiloni è quello dei giovani, con la decontribuzione fino al 50% per gli under 34. E’ vero che la soglia anagrafica scenderà nel 2019 a 29 anni. Ma è anche vero che lo “sconto” dovrebbe rafforzare quell’aumento dell’occupazione registrato negli ultimi mesi, indirizzandolo verso la fascia di età che è stata più penalizzata dalla grande crisi. Nessuno spazio, invece, per le pensioni, nonostante le proteste dei sindacati e di Mpd. Se ne parlerà, probabilmente, durante l’iter della manovra in Parlamento. Così come, nello stesso percorso, potrebbe trovare posto anche l’alleggerimento del superticket chiesto a gran voce proprio dai transfughi del Pd.
Al di là dello scontro politico, la coperta della manovrina è troppo corta, con il risultato che quello che si dà, doverosamente, ai giovani, si toglie in egual misura ai lavoratori più anziani. Come è possibile, infatti, conciliare l’innalzamento dell’età pensionabile con la creazione di opportunità di lavoro per i più giovani?. Gli sconti fiscali per i neoassunti rappresentano sicuramente un passo in avanti. Ma ancora insufficiente se, contemporaneamente, si continuerà a non promuovere il necessario ricambio generazionale. Un ricambio che prima la crisi e poi la riforma delle pensioni hanno fortemente ridimensionato.