Siamo, come ci insegna la storia, ad un’eredità di blocchi geopolitici rivali; carolingio, mediterraneo, ottomano, prussiano, asburgico.
C’è, tra l’altro, quello bizantino che, per via del referendum, potrebbe staccarsi e così, togliere l’ossigeno vitale al futuro di un malnato percorso di Unione europea, mancando inopportunamente dell’unione dei popoli d’Europa.

L’Europa, le cinque o anche sei Europe, nel corso della sua storia, ha ripetutamente rinnegato se stessa; tanto, spezzando le sue parti, come recentemente ha scritto lo storico Gian Enrico Rusconi, a proposito del passo del Brennero, una grave decisione austriaca finalizzata a costruire o meglio ricostruire la frontiera fisica con l’Italia.
Siamo di fronte ad un atto che, giustamente Rusconi, definisce preoccupante in quanto “Spezza la geografia e la storia degli ultimi anni”.
Dalla geopolitica, intesa come intreccio tra geografia e storia, sappiamo che nelle vicende politiche, le rotture prevalgono spesso sulle continuità e che il passato incombe sempre più con pretestuosa forza sul presente e dunque sul futuro.
Come si legge nel libro “Longue durée”, di “sospesi in un passato rimosso” dello storico francese Fernand Braudel, la storia è fatta del riaffiorare a distanza di decenni, di secoli e perfino di millenni, di fenomeni storici “sospesi in un passato rimosso”.
L’Europa, come insieme di diversità umane, era stata pensata e quindi poi malamente realizzata proprio allo scopo di liberarsi definitivamente delle catene della longue durée.
Nel 1992, il terremoto geopolitico provocato dalla caduta del Muro di Berlino riportò le placche croate e slovene nel loro storico alveo germanico; oggi, il terremoto geopolitico provocato dall’esodo di milioni di profughi e migranti apre nuove, profonde ed insanabili crepe nel sempre più fragile edificio europeo.
È dell’americano Robert Kaplan nel suo libro “The revenge of geography”, anno 2012, la suddivisione dell’Europa in cinque aree, dalla personalità storica e geografica ben distinta; il progetto di integrazione, a fatica cerca di consegnare al passato la richiamata suddivisione nelle cinque ben distinte aree europee.
Ma, per un’Europa concretamente unita, sono tante, veramente tante, le difficoltà di percorso; un percorso accidentato. Un percorso che minaccia di crollare per difficoltà di dialogo e di incomprensioni di un fare poco amico e poco solidale, degli uni per gli altri d’Europa.
Purtroppo, non è assolutamente questa l’Europa unita; così facendo, non si avrà mai una vera integrazione europea. Tanto, anche in considerazione delle sue origini, per le profonde diversità delle sue parti; da quella mediterranea (Italia, Grecia, Africa del Nord) a quella bizantino – ottomana, la più longeva, con i suoi 150 anni ed oltre di storia e con Costantinopoli capitale, fino a quando il suo nome fu poi mutato in Istanbul.
Abbiamo nel percorso storico d’insieme, un’Europa carolingia, romanizzata e poi sacralizzata dal papato.
Intorno al Baltico, in una lunga marcia attraverso i secoli, si è andata costruendo l’Europa prussiana, con una sua solida entità politica, a partire dall’inizio del Settecento, con capitale Berlino.
L’Europa asburgica è in sé un sedimento storico più recente, essendo nata nel Cinquecento attraverso Vienna.
Ognuna di queste cinque Europe ha avuto la sua storia; si tratta di una storia lunga e complessa che ha lasciato in tutte le sue diverse parti, tracce profonde; tracce che, la brevissima avventura dell’Unione Europea, non può certo avere cancellato; che non riesce assolutamente a cancellare, per gli egoismi delle sempre più emergenti diversità.
Ogni Paese europeo porta con sé almeno una parte di quel bagaglio fatto di pesi fortemente diversi; fatto di umanità diverse, gelose di un “se stesso” che proprio non vuole cambiare in un NOI umanamente condiviso.
Alcune di queste diversità geografiche-territoriali,  si sono andate sovrapponendo (il Lombardo – Veneto è stato parte dell’Europa carolingia e dell’Europa asburgica, ma anche dell’Europa mediterranea). La Francia è nata dall’unificazione delle sue componenti carolingia e mediterranea, costruendosi attorno a due linee di espressione inconciliabili e sempre alternative (la dimensione carolingia francese si è scontrata per mille anni, con la dimensione carolingia germanica; è questo il fulcro di quella che gli storici chiamarono “la guerra civile europea”. Sono questi gli aspetti di una storia europea da non dimenticare.
È alla fine della seconda guerra mondiale che si è andata delineando la comunità europea, cosi come la conosciamo oggi.
È sorta attorno a Francia, Germania, Benelux e Italia (riunificazione dello spazio carolingio); sarà, partendo da quest’area, la formazione di insieme di un più vasto progetto di integrazione continentale con alla base, una sua coerenza storica e geopolitica. Tra l’altro, a tutto questo, c’è la dominante del mito pangermanico del “doice über alles”, difficile da cancellare.
In questi scenari c’è, tra l’altro, una sesta Europa assente dalle “Cinque Europe” citate nel saggio di Kaplan “La vendetta della geografia “The revenge of geography”.
Si tratta dell’Europa britannica, oggi fortemente sospesa al filo di un referendum, con tra l’altro, un gruppo di Paesi euroscettici del Nord, esterni all’Euro o esterni all’Unione (Norvegia – Islanda).
Siamo ormai e sempre più, di fronte ad un indebolimento del progetto europeo di unità dei popoli d’Europa.
Perché tanta crisi nel sempre più difficile cammino nell’insieme europeo? Prima di tutto, è  urgente chiudere tombalmente, una volta per tutte, con la guerra civile europea, fornendo così come si conviene, un fondamento ideologico al progetto di una unificazione vera e duratura; ad una unificazione umanamente solidale degli uni per gli altri.
Siamo, purtroppo, ancora una volta “sospesi in un passato rimosso”.
Quale sarà mai il futuro dell’Unione? Per evitare che naufraghi, è importante ravvedersi! È saggiamente importante costruire un cammino d’insieme europeo, chiamando ad attivi protagonisti, tutti i popoli d’Europa.
Tanto, per un’Europa saggiamente unita e solidale (sempre che il suo Essere insieme ne sia capace di rispettare tutte le sue parti e le sue diverse anime!).
Tanto è assolutamente necessario, per evitare che i localismi continuino a farsi male tenendo in piedi le loro diverse caratteristiche di … sospesi in un passato rimosso.
Non è, credo, questo il ruolo dell’intelligente Europa unita, ma di fatto disunita, facendosi, a più non posso male, tanto male, in un quadro di attese di un mondo nuovo sia un Millennio globalizzato che vuole Pace ed unità tra i popoli della Terra e con non più, l’uomo nemico della Terra. Tanto è assolutamente necessario al fine di affrontare e vincere le grandi sfide di un tempo nuovo che saggiamente impone a tutti gli uomini della Terra, un rinnovato impegno, per una forte umanizzazione del mondo universalmente inteso; un umanizzazione universale necessaria al futuro, non solo come sfida, ma soprattutto, come grande opportunità del nascente Millennio globalizzato.

Giuseppe Lembo

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