Guai a chi resterà in silenzio. Questa esortazione di S. Paolo ai Corinti dovrebbe essere sulle labbra di ogni vescovo, sacerdote e semplice fedele, in virtù del suo Battesimo. Mi sembra che sia l’intento del cardinale Robert Sarah nel suo ultimo libro scritto insieme al Papa emerito Benedetto XVI, “Dal profondo del nostro cuore”, edizioni Cantagalli (2020). Un testo che ha suscitato tanto scalpore, almeno per quanto riguarda i giornali, già prima dell’uscita del libro stesso. Si è messo in discussione perfino la paternità della parte scritta dal Papa emerito. Eppure dal titolo non sembrerebbe un libro bellicoso o scandaloso.
“Dal profondo del nostro” cuore è un inno al celibato dell’ordine sacerdotale, principalmente è rivolto a tutti i sacerdoti, ai seminaristi, ma anche anche a tutti i fedeli cattolici, perchè come sostengono gli autori, i due sacramenti: ordine sacerdotale e ordine matrimoniale, sono legati insieme.
Nicolas Diat. presenta l’opera e sottolinea l’eccezionale importanza, proprio perchè c’è il contributo riflessivo di un uomo (Benedetto XVI) che in quest’ora cruciale, si avvicina al termine della propria vita. Il testo del Papa è una lectio e allo stesso tempo una disputatio. Così si esprime nell’introduzione il Papa emerito: «Di fronte alla persistente crisi che il sacerdozio attraversa da molti anni, ho ritenuto necessario risalire alle radici profonde della questione».
Benedetto XVI e il cardinale Sarah sono molto amici, scrive Diat e intrattengono una regolare corrispondenza condividendo diversi punti di vista. Il testo “Dal profondo del nostro cuore”, nasce dallo scambio di scritti, pensieri e proposte. Tra l’altro il giornalista è stato testimone privilegiato del loro dialogo e li ringrazia di essere il curatore di questo volume.
Il testo di Benedetto XVI s’intitola semplicemente: “Il sacerdozio cattolico”, e subito precisa che «alle radici della grave situazione in cui versa oggi il sacerdozio, si trova un difetto metodologico nell’accoglienza della Scrittura come Parola di Dio».
L’intento degli Autori del testo è quello di «[…] mettere a disposizione di tutti i fedeli il frutto del nostro lavoro e della nostra amicizia spirituale, sull’esempio di Sant’Agostino». Il quadro è semplice, non c’è nulla di inquietante nel loro lavoro di ricerca a quattro mani. Gli argomenti affrontati “s’incrociano, le affermazioni si completano, le intelligenze sono reciprocamente stimolate”.
Il contributo del cardinale Sarah s’intitola:“Amare fino alla fine. Sguardo ecclesiologico e pastorale sul celibato sacerdotale”. Nel contributo scrive Diat: «ritroviamo in esso il coraggio, la radicalità e la mistica che rendono incandescenti tutti i suoi libri». La collaborazione dei due vescovi, per Diat è un elemento naturale.
I due si conoscono e si fidano di entrambi. Nella prefazione al libro, “La forza del silenzio”, Benedetto XVI, scriveva: «il Cardinale Sarah è un maestro dello spirito […] Dobbiamo essere grati a Papa Francesco di avere posto un tale maestro dello spirito alla testa della Congregazione che è responsabile della celebrazione della Liturgia nella Chiesa».
Nella conclusione del testo si legge: «E’ urgente , necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti, e laici, non si facciano impressionare dai cattivi consiglieri, dalle teatrali messe in scena, dalle diaboliche menzogne, dagli errori alla moda che mirano a svalutare il celibato sacerdotale». Sia il Papa emerito che il Cardinale non hanno nascosto la propria inquietudine. Diat conclude la sua presentazione citando l’omelia di Benedetto XVI per la Messa di Pentecoste del 2009: «come esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l’ambiente e gli esseri viventi, così esiste un inquinamento del cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l’esistenza spirituale». Cita anche Charles Peguy, che invita alla speranza.
Pertanto gli autori secondo Diat, con questo libro hanno inteso allontanare questo inquinamento e aprire le porte alla speranza.
E’ chiaro che i due testi vogliono fare chiarezza, là dove il frastuono dei mass media ha preso il sopravvento sul Sinodo reale dell’Amazzonia. Pregando e meditando in silenzio, i due vescovi hanno inteso non tacere, offrendo a tutti, con spirito d’amore e per l’unità della Chiesa, le loro riflessioni sul sacramento del sacerdozio irrobustito dal celibato.
Il testo viene proposto in spirito di carità, viene presentato fraternamente «al popolo di Dio e, naturalmente, in atteggiamento di filiale obbedienza, a Papa Francesco».
La NuovaBQ.it, in occasione dell’uscita del volumetto, ha intervistato il professore Davide Riserbato della facoltà di teologia dell’Università Cattolica di Milano, che è il traduttore del testo. Volendo fare una sintesi, per il professore «Questo libro fa venire voglia di fare il prete”, perché canta ed esalta la bellezza del Sacerdozio». Nel testo per Riserbato si trovano dei passaggi suggestivi ed edificanti come questo: «Il sacerdote non è soltanto colui che compie una funzione sacrificale. È invece colui che per amore offre sé stesso in sacrificio sull’esempio di Cristo. […]. Il celibato sacerdotale è l’espressione della volontà di mettersi a disposizione del Signore e degli uomini». O quest’altro: «È opportuno ricordare, con caparbia insistenza, che tutti i sacerdoti – sia noi peccatori che quelli che sono santi – quando celebrano la santa Messa non sono più sé stessi. Sono Cristo che rinnova sull’Altare il suo divino Sacrificio del Calvario». Parole bellissime che portano il cardinale Sarah a questa conclusione: «Ordinare sacerdote un uomo sposato significherebbe sminuire la dignità del matrimonio e ridurre il sacerdozio a una mera funzione». (Intervista di Paolo Gulisano, “E’ un libro che fa venire voglia di farsi prete”, 30.1.2020 LaNuovaBQ.it).
Per quanto riguarda il contributo di Benedetto XVI, faccio riferimento alle parole del Cardinale, «Si potrebbe riassumere la meditazione del Papa emerito in questi termini: nella sua persona Gesù ci rivela la pienezza del sacerdozio. Egli conferisce pieno senso a quanto era stato annunciato e prefigurato nell’Antico Testamento […] il sacerdote non è soltanto colui che compie una funzione sacrificale. E’ invece colui che per amore offre se stesso in sacrificio sull’esempio di Cristo». Continua Sarah sulla riflessione di Benedetto XVI: «ci ha così chiaramente definitivamente mostrato che il sacerdote viene sottratto alle connessioni del mondo e donato a Dio […] a partire da Dio, deve essere disponibile per gli altri, per tutti».
Sempre il Cardinale precisa che Benedetto XVI «mostra che il passaggio dal sacerdozio dell’Antico Testamento a quello del Nuovo Testamento si traduce con il passaggio da un’”astinenza sessuale funzionale” a un’”astinenza ontologica”». Per Sarah, mai un Papa ha espresso con questa forza la necessità del celibato sacerdotale.
Il Cardinale auspica una urgenza pastorale e missionaria del celibato sacerdotale, ordinare sacerdoti uomini sposati generi una catastrofe pastorale. Sarebbe una catastrofe sia per i fedeli che per i sacerdoti stessi.
Ci sono dei passaggi eccezionali nel lavoro del Cardinale. «L’ordinazione di uomini sposati priverebbe le giovani Chiese, in corso di evangelizzazione, di questa esperienza della presenza e della visita di Cristo […] Il dramma pastorale sarebbe immenso. Esso comporterebbe un impoverimento dell’evangelizzazione».
Pertanto per Sarah, «i poveri e i semplici sanno discernere con gli occhi della fede la presenza di Cristo-Sposo della Chiesa nel sacerdote celibatario. Tale esperienza è fondamentale nella vita di un prete. Essa guarisce per sempre da ogni forma di clericalismo».
Il Cardinale Sarah è categorico, «I popoli dell’Amazzonia hanno diritto a una piena esperienza di Cristo-Sposo. Non è possibile proporre loro dei preti di ‘seconda classe’». Questi popoli con una Chiesa giovane hanno «bisogno dell’incontro con la radicalità del Vangelo». Sarah fa riferimento alle visite alle comunità dell’Asia Minore di San Paolo, il più grande missionario.
Il Cardinale è abbastanza duro con le ideologie sviluppate da alcuni teologi che propongono preti sposati per le popolazioni povere, sono progetti di apprendisti stregoni. Sarah è convinto che «il celibato sacerdotale è un potente motore di evangelizzazione. Rende credibile il missionario. Più radicalmente, lo rende libero, pronto ad andare dovunque e a rischiare ogni cosa perchè non lo trattiene più alcun legame».
Sarah affronta anche le obiezioni sul celibato del sacerdozio. Non sto qui a trattarle, lascio alla lettura del testo. Piuttosto sarebbe interessante sviluppare «l’analogia tra il sacramento del matrimonio e il sacramento dell’Ordine, culminanti entrambi in un dono totale. Ecco perchè questi due sacramenti si escludono reciprocamente». I due sacramenti sono collegati: «mettere le mani sul celibato sacerdotale equivale a ferire il matrimonio […] Entrambi le istituzioni sono strettamente legate l’una all’altra. Se una fedeltà non è più possibile, anche l’altra non ha più senso: l’una sostiene l’altra […]».
Il Cardinale affrontando il celibato del sacerdote non può non affrontare il ruolo delle donne nella Chiesa, citando le grandi figure di Caterina da Siena, Ildegarda di Bingen, Teresa d’Avila, Madre Teresa. Il Cardinale mette in guardia dal falso femminismo e dalla tentazione di clericalizzare le donne, ma non solo, ma anche degli uomini. Qui il Cardinale parla di certe confusioni sul concetto dei ministeri nella Chiesa.
Ritornando al celibato del sacerdozio, il Cardinale mette in chiaro che l’ordinazione di uomini sposati non risolve affatto la penuria di preti, è una illusione. Avvertiva san Paolo VI: «non si può senza riserve credere che con l’abolizione del celibato ecclesiastico crescerebbero per ciò stesso, e in misura considerevole, le sacre vocazioni: l’esperienza contemporanea delle Chiese e delle comunità ecclesiali che consentono il matrimonio ai propri ministri sembra deporre al contrario».
Sono significative le motivazioni enunciate dal Cardinale sul celibato eucaristico. In ogni Messa, il sacerdote si trova faccia a faccia con Gesù. Siamo pienamente consapevoli di che cosa significhi avere Cristo stesso veramente presente davanti agli occhi? Per il Cardinale la mancanza di vocazioni dipende da un’autentica e continua azione evangelizzatrice, su questa linea la pensa anche Papa Francesco, se scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, «questo è dovuto all’assenza nelle comunità di un fervore apostolico contagioso, per cui esse non entusiasmano e non suscitano attrattiva». Papa Francesco tocca il punto nevralgico della questione: mancanza di fede e di fervore apostolico. Sostanzialmente «si è rinunciato ad annunciare Cristo […] con la scusa di una inculturazione mal compresa, spesso ci si accontenta di difendere i diritti dei popoli e di adoperarsi in favore del loro sviluppo economico. Questo non è il cuore della missione che Gesù ci ha affidato».
Pertanto la vera riforma che la Chiesa dovrà attuare per risolvere la crisi degli orribili scandali che sta attraversando, occorre ritornare alla radicalità del Vangelo. «nella Chiesa le crisi sono state sempre superate grazie a un ritorno alla radicalità del Vangelo, e non mediante l’adozione di criteri mondani».
Sarah è lapidario: «La crisi del sacerdozio non si risolverà indebolendo il celibato».
DOMENICO BONVEGNA
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