Non siamo borbonici. Non sogniamo il ritorno della monarchia. Ma ci sono storie che la storia ufficiale non racconta. La storia di una vera e propria guerra civile durata dieci anni e che ha segnato profondamente il nostro Paese subito dopo l’Unità. All’epoca, i vincitori, la liquidarono come una storia di “briganti”, la lotta contro l’invasore borbonico ridotta a una vicenda di ladrocini e saccheggi. Come se il Sud non fosse in grado di esprimere una propria identità e un proprio progetto politico. In questi post vogliamo, invece, ricordare le vicende e le storie di una vera e propria guerra, che ha visto un popolo sconfitto e un altro dominatore. La storia la scrivono i vinti. Ma agli storici e ai giornalisti spetta il compito di ricordare e valutare. Solo così si recupera la memoria storica di una nazione. E, soprattutto, si può evitare di rifare gli stessi errori del passato.
Subito dopo la proclamazione della Costituzione, in almeno una decina di sedi, soprattutto in Puglia e nelle zone interne, i vescovi furono oggetto di aggressioni e costretti ad allontanarsi; in altri casi, come a Salerno, Taranto, Bari, dovettero chiudersi nelle residenze. La loro opposizione fu netta quando prima Garibaldi, e poi Vittorio Emanuele II, giunsero a Napoli. Non vollero celebrare i Te Deum di ringraziamento (come invece si era fatto a Palermo) e solo uno di loro, Michele Caputo, di Ariano, aderì al nuovo regime. Non si videro i prelati repubblicani del 1799 o il cardinale Giuseppe Firrao che celebrò l’arrivo del re inviato da Napoleone, Gioacchino Murat, nel 1808.
Carmine Pinto. La guerra per il Mezzogiorno (Italian Edition) . Editori Laterza. Edizione del Kindle.
La resistenza della chiesa
Riario Sforza, dopo l’espulsione, appena giunto a Roma inviò una dichiarazione di fedeltà a Francesco II41; molti vescovi cercarono di resistere al plebiscito42. Alla fine dell’autunno il titolare di Aversa ne sintetizzò le posizioni, legando la fedeltà al papa e alla dinastia napoletana al rifiuto ideologico e spirituale delle nuove istituzioni43. L’alto clero era borbonico e assolutista. Francesco Naselli si vantò di aver rinunziato «alla carica di Cappellano Maggiore solamente per sottrarmi a qualunque adempimento potesse compromettere
la mia coscienza e la fedeltà giurata all’Augusta Dinastia di V. Maestà», seguito dalla sua giurisdizione che «non aderì né prestò giuramento al nuovo ordine di cose!.