«E Grillo, che dice?». Tra i molti misteri che avvolgono il Movimento in questi giorni di lunghi coltelli, c’è quello su Beppe Grillo e Alessandro Di Battista, due dei leader del quadrumvirato che governa di fatto il Movimento, insieme a Luigi Di Maio e Davide Casaleggio. Con chiunque si parli del fondatore, arriva puntuale la domanda: «E lui che dice?». Perché il fondatore è avaro di parole pubbliche. Al contrario di Di Battista che è piuttosto loquace e, tra un post e un articolo, dice la sua. Che qualcosa debba cambiare, nel Movimento, si sa da tempo. Il recentissimo «team del futuro» sembra già un arnese del passato, il tentativo prematuramente fallito di Luigi Di Maio di diluire le responsabilità e di mostrare una leadership collettiva che, di fatto, non è mai nata. E così gli Stati Generali del 13-15 marzo finiranno per essere lo strumento con cui si decideranno il nuovo (o vecchio) leader e il posizionamento politico del Movimento. Di Maio smentisce le indiscrezioni che ipotizzano le sue imminenti dimissioni da capo politico: «Se ne sentono tante». Secondo il Ministro per le politiche giovanili Spadafora, «Chi immagina gli Stati generali come uno scenario di guerra è un folle. Piuttosto vediamo quali proposte e soprattutto quali persone si candideranno ad assumere delle responsabilità che finora sono ricadute tutte sulle spalle di Di Maio». Commenta poi il Ministro della giustizia Bonafede, che del M5S è di fatto il numero due: “Non vedo una guerra contro Luigi Di Maio, perché per definirla tale servirebbe la partecipazione di molte persone. Invece è una minoranza che staprovando adattaccareLuigi. Ma il capo politico è e deve restare lui”. Giuseppe Conte, qualche giorno fa, ha confidato al telefono a un interlocutore istituzionale: «Il mio timore, per la tenuta del governo, è uno solo: l’esplosione dei parlamentari grillini»