Ecco tutti i luoghi romani che abbiamo riconosciuto nel film di Sorrentino. Scena per scena, muovendoci col prezioso aiuto di Google Maps e dei siti ufficiali.
Gli operatori turistici sono già eccitatissimi. Tutti vogliono fare il “tour de La Grande Bellezza“. Il film che stravince l’Oscar degli stranieri, si apre su un classico panorama dal Gianicolo, quello che si gode dal Fontanone dell’Acqua Paola.
Quindi siamo trasportati sul moderno tetto terrazzato del palazzo dell’Ina, tra via Bissolati e via Sallustiana, davanti al palazzo dove troneggia ancora l’ultima sopravvissuta insegna al neon di Via Veneto. Quella della Martini.
Romano (Verdone) riaccompagna a casa la sua amica, si fermano nella piazza dell’Orologio. Anche il parcheggio in divieto di sosta è piuttosto credibile.
Risaliamo al mattino verso l’Aventino. Altro classico. Santa Sabina. Poco dopo il Giardino degli Aranci anche se sfruttato diversamente nel procedere del film. Ad un certo punto spunta pure un nasone. Probabilmente l’unica chicca davvero difficile da ritrovare. Voi sapete indicarmelo? Attenzione, non parlo del Mascherone ben noto, ma proprio di un nasone.
Il terrazzo sul Colosseo è sicuramente l’ombelico del film, vista mozzafiato, sebbene conservi il paradosso tutto romano di un quartiere che è stato riscoperto solo negli ultimi decenni. Quello alle spalle del Colosseo, verso Sud.
La “performance” dell’artista si svolge nel magnifico Parco degli Aquedotti, ormai sdoganato assai più di quello della Caffarella.
Ci spostiamo di nuovo al Gianicolo, vista San Pietro, per creare il tipico conflitto provocatorio tra prostitute e Cupolone. A dir la verità non ci sono da un pezzo a piazzale Garibaldi, magari un po’ più giù, ma non è poi così blasfemo.
La passeggiata notturna a Fontana di Trevi era d’obbligo (per fortuna ci hanno evitato il bagno), come quella di piazza Navona vuota. Oggettivamente possibile da effettuare solo nel cuore della notte. I due si affacciano probabilmente dove Palazzo Pamphilj si unisce a Sant’Agnese.
Ecco poi il Lungotevere osannato per tutto il film, qui tra Ponte Sisto e Ponte Mazzini (nel finale il tuffo di Mr. Ok sembra un po’ fuori contesto)
Salto surrealista, e apparizione metafisica a San Pietro in Montorio. Il Tempietto del Bramante. Ancora al Gianicolo.
Di nuovo a passeggio, di nuovo di notte, di nuovo via Veneto, di nuovo Fellini. Certo, se c’è una via che non ha più nulla della Dolce Vita, quella è via Veneto. Il locale delle spogliarelliste dove si esibisce la Ferilli sembrerebbe all’ingresso il Notorious (via S.Nicola da Tolentino) ma dentro no.
La cena a La Veranda, che noi conosciamo bene, risulta l’autentica chicca del film. Un posto veramente speciale, onestamente ancora poco conosciuto perfino dai romani.
Si torna però subito al turismo. E si risale sull’Aventino. Con l’abusato buco della serratura del portone del Priorato dei Cavalieri di Malta da dove si vede la cupola di San Pietro. Un segreto ormai solo per gli alieni.
Ci sono poi i palazzi. Dove si fanno le punture di botox (?!) e dove le vecchie principesse giocano a carte (?!). Al buio, in mezzo ad incredibili opere d’arte. Forse anche perché quei palazzi, in effetti sono musei, piuttosto conosciuti. Spero.
Qualcuno poteva pensare che la Fornarina di Raffaello (Palazzo Barberini) fosse un “tesoro segreto”? Piuttosto che la sala degli Imperatori dei Musei Capitolini?
Già più interessante scoprire gli interni di Palazzo Sacchetti in via Giulia, dove dovrebbe vivere il ragazzo depresso e suicida (perché legge Proust? Non è poi così male…). Ci sono anchePalazzo Altemps e Palazzo Braschi (ormai entrambi musei). Immancabile quindi la tappa aPalazzo Spada, per la prospettiva del Borromini.
Il giardino di Villa Medici (da quella parte, con l’affaccio) è almeno una bella apertura di un luogo troppo spesso difficile da raggiungere senza eventi (mai quanto Villa Albani, quella sì davvero nascosta che infatti resta fuori).
La chiesa del funerale è invece una perla, perché davvero difficile è passarci. Siamo nella Chiesa dei Santi Domenico e Sisto, sotto la Torre delle Milizie, tra salita del Grillo e via Panisperna. Mica facile.
Foto by Sailko
Palazzo Taverna degli Orsini ospita invece accanto ad una delle fontane del giardino, la ricerca de la ‘la Santa’. Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia se non altro fa la parte…Del museo, appunto.
Si chiude in “bellezza” con i grandi classici. Terrazza del Pincio, via dei Fori Imperiali, Circo Massimo e quindi Terme di Caracalla, per salutare la giraffa. Infine prima dei titoli, ancora sotto i ponti del Tevere.
Devo dire che mi aspettavo qualcosa di più dalla fotografia. Sono onesto. Non perché sia brutta, anzi, intendiamoci, ma perché abbiamo già visto troppe cartoline, come quelle recenti di Woody Allen (per altro più di classe). Mancano i tagli un po’ più originali, le scelte azzardate. Penso a “Le tra Cannelle” dei Soliti Ignoti (Monicelli). Ma anche agli sforzi storici di Ritratto di Signora (Campion) o del Talento di Mr. Ripley (Minghella). Tra l’altro tutti film che non puntavano al “grande affresco”.
Qualcuno mi dirà giustamente, ma questa è Roma. Va bene, allora perché escludere Trinità dei Monti piuttosto che il Pantheon? Insomma, io speravo di faticare per riconoscere uno scorcio. Che Roma ne ha infiniti. Tutti suoi. Tutti tuoi. Tutti di nessuno.
Che ne dica Costantino D’Orazio, rapidissimo autore di un e-book ‘La Roma segreta del film La Grande Bellezza’, non c’è bisogno di essere esperti d’arte e di Roma per riconoscere questi luoghi.
Alla fine vai a spaccarti la testa solo sul fotomontaggio della locandina. Quel negozio nell’atrio del Salone delle Fontane all’EUR, dove Jep (Servillo) siede su un pezzo unico di marmo, con alle spalle la statua romana di Marforio ai Musei capitolini.
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