Quando Roberto Saviano denunciò l’espansione della criminalità nel Centronord sollevò l’ira funesta della Lega Nord. Ma come, dissero gli uomini in giubba verde, mica siamo come i meridionali, supini alle mafie? Dovranno ricredersi perché ormai i fatti smentiscono le loro tesi. Ed è una valanga che potrebbe cambiare drasticamente la geografia della criminalità in Italia. Perché ormai il denaro illecito ha rotto gli argini ed ha trovato proprio nel Nord il suo terreno di sbocco privilegiato. I dati della guardia di Finanza sono chiari. Ormai i denari che provengono dalla criminalità rappresentano circa 10 per cento del Pil. Ed è una montagna di soldi: almeno 170 miliardi di euro, con un danno per l’erario stimabile attorno ai 75 miliardi. Da soli potrebbero risolvere gran parte dei problemi di finanza pubblica che assillano ogni anno il Paese.
Ma quel che è più grave è che i margini di ricavo non hanno uguali in nessun settore produttivo. Su 170 miliardi di euro, la redditivitù oscilla fra il 10 e l’80%. Nessun altra attività è più redditizia. Ma l’economia criminale è diventata invasiva soprattuttto in tempo di crisi. Acquista aziende in crisi, acquista esercizi commerciali, lancia vere e proprie catene di brand nella ristorazione e nella moda. Un dato per tutti: il 40% della ricchezza riciclata dalle cosche calabresi è oggi reinvestito in tre regioni italiane: Liguria, Piemonte e Lombardia, in settori quali gli appalti pubblici, lo smaltimento dei rifiuti, i giochi e le scommesse. E ancora: nel 2013, i patrimoni sequestrati alla criminalità organizzata nelle regioni del centro-nord sono raddoppiati rispetto all`anno precedente, arrivando a 900 milioni di euro.
Resta da chiedersi: l’emergenza criminalità, ora che è diventata ormai nazionale, comincerà ad essere affrontata a livello Paese, superando i vecchi luoghi comuni per cui il mezzogiorno è sinonimo di criminalità? Cosa diranno ora i leghisti?