La camorra entra dentro gli Uffizi di Firenze. Un’inchiesta della Guardia di Finanza ha portato all’arresto di sei persone vicine al clan dei Casalesi, accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il lavoro delle Fiamme gialle ha infatti scoperto un sistema di evasione fiscale che ha permesso a imprese legate agli indagati di ottenere diversi subappalti. Due delle ditte coinvolte nell’indagine hanno lavorato anche al polo museale fiorentino degli Uffizi, ottenendo lavori per centinaia di migliaia di euro.
Dal 2007 al 2012 le imprese hanno evaso oltre 3,1 milioni di euro, grazie a società “cartiere”, cioè che producevano fatture false. Un sistema che permetteva di stare sul mercato a prezzi più vantaggiosi rispetto a quelle della concorrenza. Così facendo, le due ditte sono riuscite a ottenere negli anni diversi appalti pubblici, senza che i committenti sospettassero nulla.
Con l’operazione ”Atlantide” i militari del Gico del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Firenze hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone, emessa, su proposta del sostituto procuratore della Dda di Firenze, Tommaso Coletta, dal Gip presso il Tribunale di Firenze, David Monti. Oltre agli arresti, sequestrati beni mobili ed immobili in Toscana e Campania riconducibili agli indagati per un valore complessivo di circa 11.000.000 di euro.
L’operazione ”Atlantide” si conclusa dopo un complesso ciclo di attivita’ investigative, condotte per circa due anni dalle Fiamme Gialle fiorentine e sviluppatesi anche attraverso l’utilizzo di intercettazioni telefoniche, che ha consentito di portare alla luce l’esistenza di un’associazione per delinquere avente base operativa nel Valdarno, finalizzata all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. Principale indagato e’ un imprenditore originario dalla provincia di Caserta, da anni dimorante nel Valdarno e con precedenti specifici per associazione a delinquere di stampo mafioso, arrestato unitamente ad altri cinque uomini suoi conterranei.
Obiettivo dell’organizzazione criminale era quello di far ottenere a due societa’ edili toscane, riconducibili al principale indagato, fatture per operazioni inesistenti da utilizzare nelle dichiarazioni reddituali. Ditte compiacenti, che i finanzieri hanno accertato essere mere ‘cartiere’ aventi sede nella provincia di Caserta e nel modenese, hanno fatturato alle due imprese toscane somme per oltre 10 milioni di euro per la somministrazione di manodopera, in realt mai avvenuta, permettendo cos la creazione di costi fittizi da indicare in bilancio. Le stesse imprese compiacenti sono risultate strettamente collegate al clan dei Casalesi, a cui perveniva, attraverso corresponsione di somme di denaro, parte dei guadagni derivanti dall’emissione delle false fatture, come accertato grazie ad accurati accertamenti bancari, espletati dai militari del Gico di Firenze anche con l’ausilio dell’applicativo informatico ‘Molecola’ dello Scico. Grazie agli indubbi vantaggi di natura economica ottenuti dalle false rappresentazioni in bilancio, constatate e contestate fiscalmente dalla compagnia della Guardia di Finanza di San Giovanni Valdarno, le due societa’ toscane hanno potuto presentarsi sul mercato con una offerta di prezzi tale da impedire di fatto alle societa’ oneste qualsiasi forma di concorrenza, garantendosi cosi’ l’aggiudicazione di importanti appalti pubblici e privati. La prassi del principale indagato, gravato da precedenti per reati di mafia, di intestare a terzi le societa’ edili che si presentavano per l’aggiudicazione dei lavori, ha permesso alle stesse societa’ di ottenere le previste certificazioni antimafia necessarie per l’espletamento di lavori pubblici. Le societa’ committenti, all’oscuro dei vari comportamenti fraudolenti perpetrati dal gruppo criminale, considerate le condizioni vantaggiose proposte dagli indagati, non potevano che assegnare l’esecuzione di tali opere