Il “mostro” della burocrazia negli ultimi dieci anni ha “divorato” 100 mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei costi e la farraginosità dei rapporti con la Pubblica amministrazione. Un dazio che all’agricoltura costa oltre 7 miliardi l’anno, due euro l’ora per azienda, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno. Un “carico” che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre ogni anno materiale cartaceo che, messo in fila, supera i 4 chilometri e ha un peso che sfiora i 25 chili. Non basta. Occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti, cento giorni l’anno. Un compito per cui nel 65% dei casi l’imprenditore agricolo è costretto ad assumere una persona o, per il restante 32%, a rivolgersi a un professionista esterno. Questi alcuni dei primi dati di un’indagine presentata nel corso della VI Assemblea elettiva della Cia-Confederazione italiana agricoltori.
Più del 90% degli agricoltori denuncia ostacoli e difficoltà a causa della burocrazia e chiede una semplificazione amministrativa e fiscale, fattore indispensabile di sviluppo. Asfissiate da questo “peso”, il 25,5% delle aziende agricole ha messo da parte progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca, il 21,5% non ha compiuto alcun tipo di investimento, il 18,7% è stato costretto a ridurre le coltivazioni e il 10%, addirittura, a chiudere. Ogni mese le aziende agricole impiegano, in media, cinque/sei giornate di lavoro per adempimenti amministrativi. Oltre il 60% delle imprese – annota la Cia – ha visto crescere del 6-7% i costi burocratici, tanto che proprio queste pratiche sono considerate (94% delle aziende) il maggior onere per il settore. Senza contare i “costi” dovuti al fisco (84%) e alla sicurezza sul lavoro (75%). Il 74,5% delle imprese ritiene il costo degli obblighi burocratici un ostacolo all’attività produttiva e alla competitività (78%).
Neanche l’introduzione di nuove tecnologie informatiche è riuscita, per il 64% delle imprese agricole, a migliorare il rapporto con l’Amministrazione pubblica. E questo soprattutto a causa della complessità degli adempimenti e il continuo cambiamento delle normative. Il 58% delle imprese denuncia l’aumento esponenziale, negli ultimi anni, delle scadenze burocratiche, con l’aggravante che molte norme vengono interpretate e applicate in maniera diversa da regione a regione, da provincia a provincia e, addirittura, da comune a comune. Il 30% si trova sola a confrontarsi con l’apparato burocratico e più dell’85% ricorre, almeno una volta all’anno, a organizzazioni o professionisti esterni. Ma al di là del costo economico, l’aspetto più critico (72%) è costituito da lungaggini e tempi “scandalosi” richiesti per una semplice pratica, per la quale sarebbero sufficienti poche ore, se non minuti. Il 56% degli imprenditori agricoli sarebbe disposto a nuovi investimenti di carattere produttivo e all’assunzione di manodopera, ma chiede un “taglio” del 30% del carico burocratico.