Una partita di giro, o poco di meno. Giorno dopo giorno, la cancellazione della seconda rata dell’Imu si sta svelando nella sua vera realtà: la riduzione delle tasse attraverso l’aumento (o l’anticipo) di altre imposte. Con un corollario che ha tutto il sapore di una beffa: il taglio dell’imposizione fiscale sui proprietari di immobili e terreni si scaricherà sui soliti noti, colpendo nel mucchio dei contribuenti, senza fare grande differenza fra ricchi e poveri, fra chi é taratassato e chi continua ad evadere le tasse. L’ultima bozza sulle coperture finanziarie individuate dal governo per fare fronte ai 2,5 miliardi di minori incassi determinati dalla cancellazione della seconda rata dell’Imu, non lascia margini di dubbio. Ancora una volta l’esecutivo avrebbe scelto la strada più semplice, aumentando l’acconto Ires per banche e assicurazioni oltre ad attingere alle accise sulla benzina, un pozzo inesauribile che, volta per volta, é stato utilizzato per fare fronte agli impegni più diversi, dalla guerra in Libia fino agli eventi sismici. L’unica cosa certa è che l’operazione Imu si scaricherà inevitabilmente sugli automobilisti e sui correntisti, ovvero sulla stragrande maggioranza degli italiani, che si troveranno a fare i conti con un inevitabile aumento dei servizi bancari, dei premi assicurativi o dei rifornimenti di carburante. Insomma, saranno loro a pagare la seconda rata dell’imposta sugli immobili al posto dei proprietari.
Certo, quella dell’Imu é ormai diventata una questione tutta politica, un tavolo sul quale si sta giocando il futuro dell’attuale governo. Ma, paradossalmente, sta diventando anche il simbolo delle difficoltà dell’esecutivo a tenere insieme rigore e sviluppo, le ragioni della politica e quelle dell’economia e della ripresa. E’ vero che con il debito pubblico che ci troviamo sulle spalle e con i riflettori di Bruxelles puntati sui nostri conti pubblici, é praticamente impossibile ridurre le imposte aumentando il deficit. Ma c’é il legittimo sospetto che la soluzione oggi individuata da Palazzo Chigi sia addirittura peggiore del problema che si voleva risolvere, cancellando per il 2013 l’imposta più odiata dagli italiani. Se l’obiettivo dell’esecutivo era di ridurre la pressione fiscale per dare una boccata d’ossigeno ad un paese ormai in ginocchio che ha ormai esaurito le sue riserve e i suoi risparmi, le coperture individuate dal governo vanno tutte in una direzione opposta, deprimendo ulteriormente i consumi e lasciando, in più, la brutta sensazione della promessa non mantenuta.
Alessandro Corti
Fonte: L’Arena