Da qui la fuga all’estero – negli ultimi 10 anni +è più che raddoppiato il numero di italiani che hanno trasferito la propria residenza oltre i confini nazionali – e l’allergia per la politica: il 56 per cento dei nostri connazionali non ha attuato nessun tipo di coinvolgimento civico negli ultimi due anni, neppure quelli di minore impegno come la firma di una petizione. Più di un quarto dei cittadini manifesta una lontananza pressoché totale dalla dimensione politica, non informandosi mai al riguardo. Su tutto aleggia la mancanza di lavoro: per il Censis disagio sociale, instabilità lavorativa e sottoccupazione interessano il 25,9 per cento dei lavoratori italiani. Parliamo di circa 3,5 milioni di persone che hanno contratti a termine, occasionali, sono collaboratori o finte partite Iva. Per non parlare dei 4,4 milioni di italiani che non riescono a trovare un’occupazione “pure desiderandola”.
Ci sono poi 1,6 milioni che, “pur disponibili a lavorare, hanno rinunciato a cercare attivamente un impiego perché convinti di non trovarlo”. In un quadro decisamente sconfortante non mancano però le buone notizie: “Si registra una sempre più attiva responsabilità imprenditoriale femminile (nell’agroalimentare, nel turismo, nel terziario di relazione), l’iniziativa degli stranieri, la presa in carico di impulsi imprenditoriali da parte del territorio, la dinamicità delle centinaia di migliaia di italiani che studiano e/o lavorano all’estero (sono più di un milione le famiglie che hanno almeno un proprio componente in tale condizione) e che possono contribuire al formarsi di una Italia attiva nella grande platea della globalizzazione”. Nuove energie arrivano anche dal “processo di radicale revisione del welfare” e dalla “economia digitale” ovvero “reti infrastrutturali di nuova generazione, commercio elettronico,elaborazione intelligente di grandi masse di dati, sviluppo degli strumenti digitali, servizi innovativi di comunicazione, crescita massiccia di giovani ‘artigiani digitali’”.