È sotto gli occhi di tutti il grave male italiano; un male profondo di cui tutti gli italiani ne avvertono il peso, sempre più insopportabile per le gravi sofferenze distribuite a piene mani, a desta ed a manca.
Un male, ormai e sempre più, fortemente sistemico che crea gravi danni senza poi trovare le soluzioni possibili e necessarie ai tanti problemi italiani.
Purtroppo, c’è in giro una diffusa incompetenza italiana che naviga a vista, sempre più priva di nocchieri capaci di determinare le condizioni di salvezza di cui ha tanto, ma tanto bisogno l’Italia.
Si è solo bravi e sempre più protagonisti, nel costruire da “italianuzzi” il disastro Italia, un disastro con le sue radici nelle situazioni di profondo cambiamento epocale di dismissioni sempre più planetarie con, tra l’altro, l’uomo della Terra, non più stanziale e non più rassegnato a morire, perché così vogliono gli “altri” della Terra.
In quegli “altri” della Terra è, purtroppo, compresa l’Italia che, priva della dovuta saggezza del fare umano, ha pensato a godersi la lunga stagione dei privilegi umani, con il libero convincimento che alla fine si trattava di privilegi dalla continuità infinita garantita dal sistema mondo, con i privilegiati da una parte e dall’altra i poveri cristi, dei veri e propri rifiuti umani, costretti anche a morire di fame, perché funzionali alla vita privilegiata dei tanti della Terra, egoisticamente attenti solo a se stessi e così facendo, di fatto attentano alla vita dei tanti altri, costretti a vivere e sempre più spesso a morire da rifiuti umani indifferenti al mondo.
In questa spirale violenta di disumanità diffusa, ci siamo anche noi; prima, con un fare nemico degli “altri” del mondo e poi, sempre più, nemici anche in casa nostra, dei deboli del sistema, vittime predestinate di un potere che è andato e continua ad andare per la sua strada, facendo male, tanto male all’Italia ed agli italiani onesti, costretti a subire le tristi ed infame scelte di un potere ottusamente attento a garantirsi, con un fare disumano e senza scrupoli, considerato eterno.
Ma, non è così! Le cose terrene, soprattutto, quelle che riguardano la materialità dell’esistenza umana, sono fragilmente limitate; sono parte di una temporalità che scorre veloce e nella sua corsa si porta via tutto, in un infinito pantareo cosmico che non si ferma mai.
Purtroppo, in Italia, con poca riflessione ed altrettanto poca attenzione al pensiero ed al suo valore di un infinito che, non conosce mai fine, distrattamente si è indifferenti ai valori della vita umana; a quei valori che non sono aggrediti dal tempo ed in quanto tali eterni.
Si è pensato e sempre più ed oggi in modo pazzamente eccessivo all’eterno della materialità terrena, un mito falso e bugiardo che lascia con le mani vuote chi lo rincorre, pensando di possederlo e di poterlo usare, abusandone, senza fermarsi mai ed ubriacandosi di un fare godereccio sempre più infame ed ingannevole.
Da che cosa deriva tutto questo nel mondo ed in modo inequivocabilmente spinto, anche in casa nostra? Prima di tutto, da un vuoto di cultura; un vuoto di cultura grave che ha ridotto in tanti la propria vita alla sola materialità terrena, basata sull’avere, sui privilegi del proprio avere e su di un apparire assordante che è sempre più il compagno di viaggio di vite umanamente vuote che ormai non sanno più rapportarsi agli altri e che vivono la loro vita con i soli compagni di viaggio di un mondo virtuale che, per quello che è, rappresenta un grave pericolo per l’umanità presente e soprattutto futura, venendo sempre più meno i presupposti dello stare insieme assolutamente utili al vivere umano sulla Terra.
Il Terzo Millennio si pone come un tempo assolutamente nuovo; un tempo nuovo certamente interessante per quanto riguarda i suoi aspetti di una mondializzazione delle diversità umane, impegnate a camminare insieme in un cammino di incontro delle diversità umane, portate in dono agli altri dai più lontani, diversi e per molti aspetti sconosciuti, luoghi della Terra.
Siamo ormai e sempre più al bel capolavoro di un’Italia ormai disumana; tanto, con gli italiani senza identità e senza quell’appartenenza etica che fa parte di un passato che ormai dismesso, mai sarà futuro; di un passato che rinunzia al futuro, rifiutando la propria storica appartenenza; la propria italianità, sempre più considerata un optional di cui si può assolutamente fare a meno, in quanto secondario se non inopportuno, in quanto ingombrante.
Gli italiani appaiono sempre più, agli occhi del mondo, gente dalle radici cancellate. Si sentono, purtroppo, sempre meno italiani, tanto per come vestono, per come mangiano, per come si manifestano indifferenti al passato italiano, di cui oggi si rifiutano i tanti simboli del proprio essere italiano, primo dei quali la lingua, sempre più dismessa, per dare il proprio sfogo linguistico esterofilo, usando e parlando anche se male, l’inglese, in una miscela vulgata che è l’espressione eccellente del nanismo culturale italiano.
L’Italia dismessa fa la prima donna nel mondo, dove, oltre ai milioni di ambasciatori storici di lavoratori costretti con sofferenza ad abbandonare i propri luoghi natii, senza interruzione di sosta, corrono anche i nostri bravi cervelli, formati in Italia e poi maledettamente abbandonati a se stessi, senza possibilità alcuna di realizzarsi professionalmente, realizzando i propri sogni là dove sono nati. Purtroppo, niente di tutto questo.
Agli italiani, dell’Italia sempre più dismessa, viene negato il diritto di vivere nella Terra dei padri; con il diritto di vivere, viene anche negato il diritto al lavoro, cancellando quell’impegno costituzionale che, all’articolo 3 della Carta costituzionale, pone il diritto al lavoro come un diritto di tutti gli italiani.
Siamo, così facendo, ad una costituzione di carta, come sempre più di sola carta è il diritto universale alla vita, così come sancito dalla Carta universale dei diritti fondamentali dell’uomo.
Per tanti italiani non è per niente così; nelle condizioni di diritto negato sono quattro milioni ed oltre, ma non solo, in quanto ci sono quelli della sopravvivenza, soprattutto anziani che, di fronte alle tante difficoltà di vita italiana, considerato il basso reddito e l’assillo usuraio delle tasse da pagare, sopraffatti dal malessere Italia, decidono di abbandonare il suolo italiano e di andare a vivere nei paesi dell’Est Europa, dove le poche risorse a disposizione di una pensione medio-bassa, permettono una vita dignitosa e senza l’affanno quotidiano del come faccio di fronte a spese da non poter pagare; a spese che sottraggono sempre più spesso, anche il minimo della sopravvivenza, facendo a tanti maledire il giorno in cui sono venuti al mondo, per vivere in lacrime, il proprio essere al mondo, fortemente caratterizzato dal solo nascere per soffrire.
Purtroppo, in questi scenari italiani crescono, anche per effetto degli egoismi di chi vive da privilegiato, le sempre più gravi sofferenze del proprio vivere.
Sono tali e tante, soprattutto al Sud, da decidere di andare a vivere altrove, creando così il comune e diffuso sentire dell’Italia negata; dell’Italia nemica degli italiani che, amandola sempre meno, se ne fuggono (giovani e vecchi) per vivere altrove la loro vita umanamente possibile e nel dovuto rispetto dell’insieme antropico che deve rappresentare in sé l’armonico paesaggio umano dell’umanità d’insieme, un’umanità che deve avere alla base quel patto sociale rispettoso dell’uomo che, caratterizza in sé, il grado di civiltà di un popolo.
L’Italia, con il suo disumano carico di sofferenze, si va lentamente spegnendo; per tutto quello che succede, perde in modo crescente pezzi importanti della sua identità, del tutto indifferente ai tanti falsi protagonisti del solo avere e del solo apparire italiano che non sanno essere solidali e non sanno perché non vogliono, costruire intelligenti percorsi di civiltà assolutamente necessari al futuro italiano. In Italia non c’è più spazio per i sogni; sono ormai e sempre più, assolutamente indifferenti agli italiani di tutte le età, giovani compresi, che non sanno neppure sognare la patria da amare, avendone deciso, in modo ampiamente diffuso, la dismissione.
Gli scenari poco esaltanti dell’Italia dismessa hanno per protagonisti (si fa per dire protagonisti) gli italiani, giovani compresi, travolti da una vera e propria catastrofe, prima di tutto, per il lavoro negato, soprattutto al Sud, una condizione triste che, rende sempre più sottomessa la gente, con indifferenza per tutto; si sente, nel pieno diritto, di assumere atteggiamenti distaccati nella concezione della propria vita, spogliandosi prima di tutto, della propria identità e della propria appartenenza, considerandosi sempre più vittima di sogni spezzati.
L’Italia, con il suo sistema che non funziona, in quanto arrugginito, perché disumanamente arrugginita è la politica ed i politici che la governano, è sempre più un Paese dal futuro negato; un Paese dismesso dove prevale lo spirito della vecchiaia diffusa in tutte le età; soprattutto al Sud, anche i giovani sono “giovani-vecchi” nei comportamenti, essendo influenzati nella loro quotidianità dai comportamenti dell’età adulta e non di giovani che devono necessariamente saper sognare ed affidarsi alla speranza del nuovo esistenziale, un nuovo non da favola e/o da sole false promesse, ma dalla concretezza del fare, progettando ed investendo per realizzare le attese di sviluppo, in mancanza del quale, c’è il solo protagonismo della “dismissione”, con alla base lo sviluppo negato.
Perché l’Italia e soprattutto il Sud, non cresce? Perché non alimenta, così com’è necessario, speranze e sogni?
In tutte le negatività italiane, in primo piano, ci sono, tra l’altro, precise responsabilità della famiglia italiana e della scuola italiana che hanno abortito un modello di società ammalata, senza solidarietà, con i soli riferimenti negativi dell’avere e dell’apparire e con un’indifferenza suicida per l’Essere.
In questo modello di società senza futuro, si innesta la politica italiana, con caratteristiche vecchie ed assolutamente indifferente al futuro e quindi alle nuove generazioni a cui i ladri di futuro, sanno regalare solo scenari tristi da futuro negato.
Le prime e più gravi responsabilità sono nella mancanza di ascolto e nell’indifferenza per il mondo giovane sempre più inascoltato ed inopportunamente abbandonato a se stesso, ad un punto tale da farne un mondo senza speranza e dal futuro negato, dove, soprattutto al Sud, si pensa al posto fisso, alle dipendenze dello Stato padrone, come obiettivo salvifico del proprio vivere la propria vita in Italia, un Paese, purtroppo, sempre più difficile da vivere.
Che ne sarà dell’Italia dismessa? Non possiamo neanche considerarla più di tanto Paese di soli vecchi, in quanto, per disperazione e crescente difficoltà di vita, si è ormai aperto anche il capitolo amaro della fuga dei vecchi per altri paesi d’Europa e forse anche oltre l’Europa.
Siamo per l’Italia al futuro negato? Purtroppo si, se il Paese non cambia; se non cambia politica e percorsi di vita, capaci di pensare, prima di tutto al bene comune.
Occorre il nuovo italiano; un nuovo da costruire insieme nelle famiglie italiane, nella scuola italiana, nella politica italiana; un nuovo da pensare insieme e democraticamente trasformare in un Progetto italiano pensato nell’agorà della nuova Italia, dove da protagonisti, costruire quell’identità perduta e quelle radici che servono a ridare agli italiani la forza dell’appartenenza, purtroppo e sempre più, cancellata dal DNA italiano.
Riappropriarsene è il primo, importante ed insostituibile passo per il futuro italiano; un passo che ci può liberare dal pensiero crescente della dismissione italiana e farci riappropriare della fiducia di un nuovo italiano, a cui oltre che crederci, bisogna dare quel necessario contributo di pensiero e di idee per cambiare l’Italia e riportarla, con l’orgoglio italiano, nella sua giusta funzione di grande risorsa dell’umanità per i suoi saperi e le sue tante testimonianze antropologiche, storiche, artistiche, culturali, già riconosciute dal mondo, attraverso l’UNESCO, come patrimonio universale dell’umanità.
Giuseppe Lembo