di LAURA BERCIOUX
Ci sono segnali che fanno tornare indietro nel tempo, come le minacce di morte a Di Matteo. E se la stragi sono nella memoria storica del nostro Paese, c’è chi le ha vissute. Salvatore Borsellino, fratello del Giudice Paolo Borsellino, ha in progetto la Casa di Paolo: non è solo un luogo della memoria, ma un luogo vivo. La Casa di Paolo sorgerà alla Kalsa, quartiere storico di Palermo dove sono cresciuti Borsellino e Falcone e dove ci sono ancora tanti ragazzi non scolarizzati, che diventano preda della mafia. Salvatore Borsellino vuole fare qualcosa per la società, così come fece Padre Puglisi: nascerà una scuola di musica secondo il metodo del maestro venezuelano che ha tolto tanti ragazzi dalla strada.
Borsellino, il neo pentito Galatolo ha detto al PM Di Matteo che “i mandanti sono gli stessi di suo” fratello Paolo e “che si tratta di entità esterne a Cosa Nostra”: siamo tornati alla strategia delle stragi degli anni Novanta?
“Le minacce a Di Matteo, il carico di esplosivo che è arrivato a Palermo: certo le coincidenze ci sono. Mi sono chiesto appunto a chi può interessare un attentato a Di Matteo. Non credo che possa interessare alla mafia. Il processo sulla trattativa, dove continuano le indagini del Pool di Palermo e di Di Matteo, rappresenta per la mafia un’elevazione di status. Lo Stato italiano elevato a livello di un organismo con il quale si può colloquiare, si può trattare. Per questo non può interessare alla mafia fermare Di Matteo. Può avere interesse a farlo solo chi ha voluto mantenere un silenzio ventennale su quella trattativa. Un silenzio che non si sarebbe interrotto se il figlio di un mafioso, Massimo Ciancimino, oggi collaboratore di giustizia, o Spatuzza non avessero parlato di trattativa. Solo a questi settori che può interessare colpire Di Matteo, gli stessi che avviarono la trattativa, gli stessi che hanno mantenuto il silenzio sulla trattativa”.
Nella minaccia a Di Matteo si fa riferimento anche alle elezioni… “non si può affidare un paese a comici e froci”: sembra il copione della strategia della tensione. Riina parlava di fare la guerra per fare la pace…
“Siamo in un Paese in cui l’assetto politico è stato sempre determinato dalle stragi di Stato. Come nel ’92, quando si doveva passare da un equilibrio ad un’altro. Oggi, in qualche maniera, ci sono le stesse condizioni, Speriamo che non avvengano più cose simili”.
Oggi qual è il volto della mafia?
“E’ molto diverso. Ventanni fa c’era il potere di una mafia stragista, almeno quella di Capaci perché ritengo che la strage di Via d’Amelio abbia un’altra origine: non è una strage di mafia ma una strage di Stato. Adesso la mafia ha scelto un diverso modus operandi, quello della trattativa. Con Provenzano e Riina opera nell’ombra e ritengo che sia più pericolosa. Probabilmente, la mafia è meno potente dal punto di vista della forza di fuoco, in parte è stata scompaginata dai successi delle Forze dell’Ordine, e dal fatto che non ci sia più un capo come Provenzano, Matteo Messina Denaro o Riina. Ora ha un’altra strategia, quello dell’inabissamento. E proprio per questo credo che sia estremamente più pericolosa. La mafia è stata sostituita dalla ‘ndrangheta, che è molto più pericolosa anche per la sua maggiore capacità di penetrazione e per la sua struttura orizzontale piuttosto che verticistica. Così che i collaboratori di giustizia sono sempre meno e in alcuni settori, come nella ndrangheta, quasi non esistono. La ndrangheta è abilissima nell’opera di globalizzazione andandosi ad impiantare in Germania e in Colombia per il commercio diretto della droga, alla fonte, con i narcos”.
L’agenda rossa e la strage di Via d’Amelio: salterà fuori la verità?
“Via d’Amelio è stata una strage di Stato, lo dico da anni. Una volta chi parlava della trattativa veniva preso per pazzo, perché ci doveva essere il silenzio assoluto su questo argomento. Io sostengo che mio fratello è stato eliminato perché costituiva un ostacolo insormontabile per poter portare avanti quella scellerata trattativa tra mafia e Stato. Con mio fratello in vita, quella trattativa non sarebbe andata avanti e, quindi, mio fratello doveva essere eliminato e doveva sparire. Nella sua agenda rossa Paolo, sicuramente, queste cose le aveva scritte. C’erano collaboratori di giustizia che gli stavano parlando per la prima volta della criminalità organizzata all’interno delle istituzioni. Collaboratori come Gaspare Mutolo…”.
Quando ha visto suo fratello per l’ultima volta?
“Purtroppo l’ho visto il primo gennaio, dopo un breve periodo di vacanza che abbiamo trascorso insieme. Subito dopo, Paolo partì per indagare sulla strage di Palma di Montichiari e da allora non lo rividi più. Ho un ricordo che mi pesa molto: appena tre giorni prima che lo uccidessero, gli dissi: “Ma perché non ti fai trasferire al Nord, perché se resti lì ti ammazzano”. Tutti sapevamo che si stava avvicinando il momento in cui Paolo sarebbe stato ucciso. Ecco, Paolo mi rispose molto duramente e mi disse: “Perché tu te ne sei scappato, adesso chiedi anche a me di scappare?”. Paolo non sarebbe mai andato via dalla Sicilia, anche quando sapeva che c’erano pezzi dello Stato a cui lui aveva prestato giuramento, che stavano tramando contro di lui. Paolo ha scelto di restare e di onorare fino all’ultimo questo giuramento. Non sarebbe mai fuggito, e la stessa cosa la disse di Falcone ai funerali: “Non sono fuggito come non è fuggito Giovanni, per amore. Per amore del mio Paese, dello Stato vero, per amore dei giovani che rappresentano la mia speranza”.
Ripeto, la verità verrà mai a galla?
“Continuo a lavorare, nonostante la mia età, in qualche maniera, quasi a drogarmi, per non pensare soltanto a quello che è il mio pensiero fisso: la giustizia, la verità sulla strage di Via D’Amelio, che aspetterò fino all’ultimo giorno della mia vita. Cercherò sempre e disperatamente di arrivare alla verità, di stare vicino a quei magistrati che questa verità, e questa giustizia, cercano di ottenerla con il processo sulla trattativa. Probabilmente, questa giustizia e verità non riuscirò a vederla, se a tanti anni di distanza ancora si cercano i colpevoli di un’altra strage di Stato, quella di Piazza della Loggia in cui fu adoperato lo stesso esplosivo Semtex che servì per uccidere Paolo: un esplosivo militare, più dirompente e micidiale del tritolo. Un esplosivo sottoposto a rigidi controlli per il trasferimento, e usato in tutte le stragi di Stato nel nostro Paese. I congegni per attivarlo potrebbero essere inibiti dal bombjammer che il Ministro Alfano che continua ancora a negare alla scorta di Di Matteo. Poi, se dovesse succedere qualcosa, diranno come fecero per Paolo: “Il divieto di sosta di Via d’Amelio era pronto ma “quel permesso era ancora nel cassetto” e non fu mai tirato fuori. Purtroppo nel nostro Paese la storia si ripete sempre. Faranno lo stesso con il bombjammer. Per fortuna esiste ancora una parte del Paese sana, come i nostri giovani, che quando fu ucciso Paolo, rappresentano la speranza”.
Lei ha la stessa voce di suo fratello Paolo
“Purtroppo non basta la voce. Mio fratello, o persone come Giovanni, sono rare. E quando nascono, nel nostro Paese vengono uccise”.