di LAURA BERCIOUX
Il no alle trivellazioni in Sicilia ha come oggetto una vera e propria“rivolta” ambientale. Crocetta si disse sfavorevole alle trivellazioni appoggiando un importante progetto con Greenpeace: oggi la scena è completamente diversa. Trivellare è dannoso? E poi c’è il petrolio o la Sicilia ne possiede già un altro come “la pesca”? Con Alessandro Giannì, Direttore Italia di Greepeace, le ragioni del “No” alle trivellazioni in Sicilia.
“Il problema delle trivellazioni è capire che l’estrazione di petrolio è un rischio in particolare in un mare semichiuso come il Mediterraneo, in una zona ristretta come il canale di Sicilia dove sono concentrate la gran parte delle richieste di perforazioni. Siamo contrari perché riteniamo che del mare si possa fare un uso migliore. Noi in particolare abbiamo analizzato varie richieste di autorizzazioni e abbiamo sempre trovato enormi strafalcioni ed errori riguardo agli studi di impatto ambientale. Abbiamo trovato stupidaggini anche in studi che avevano ottenuto una valutazione sull’impatto ambientale positiva: un becero copia e incolla. Abbiamo trovato pratica autorizzate dove per il Canale di Sicilia si faceva riferimento a dati rilevati in Puglia. C’è uno scarsissimo controllo e quello che è auspicabile è, caso mai che di controllo ce ne sia di più e non di meno. L’Italia, tra l’altro, dovrebbe recepire una direttiva comunitaria, la direttiva “Offshore” che impone margini più stringenti di valutazione e invece, l’articolo 38 della legge Sblocca Italia, sembra piuttosto dare via libera a trivellazioni piuttosto selvagge soprattutto quando si fa immaginare che queste attività a tutti considerate strategiche. Ho l’impressione le valutazioni vengano saltate molto velocemente oppure molto rapide e quindi assolutamente insoddisfacenti”.
Vi siete opposti a questo tipo di “valutazioni” effimere?
“Noi abbiamo denunciato per esempio c’è una richiesta per una ricerca petroliferi con test sismici con gli Ergan, che sono dei sistemi con esplosioni, e sono fatte in aree per la riproduzione per tutta una serie di specie per la pesca in Sicilia come il gambero bianco, la triglia, l’acciuga, il tonno rosso. Queste aree di riproduzione sono sparite. Abbiamo presentato una diffida per la valutazione di impatto ambientale riguardo queste autorizzazioni perché, evidentemente, si continua a procedere infischiandosene di altre attività economiche che oggi protestano insieme a Greenpeace, ai Sindaci, alle associazioni, parlo soprattutto per la pesca ma anche per il turismo. Pure per chi ha investito per un futuro sul bene paesaggistico e ambientale come risorsa, le trivellazioni creano inquietudini e influiscono su un clima di rischio che non siamo i soli a ritenere inaccettabile”.
Cosa vi aspettate da questo flashmob che vede schierati anche deputati?
“La Sicilia è una delle regioni di frontiera riguardo alle trivellazioni. E’ veramente curioso il percorso che ci ha portato a questo flashmob perché noi, prima delle ultime elezioni regional,i avevamo fatto delle campagne come “Il mare non si spertusa” e in quell’occasione il candidato Crocetta aveva dato il suo convinto appoggio e, come noi, riteneva che il mare dovesse essere tutelato. Dopo le elezioni ci sono stati una serie di incontri a cui abbiamo partecipato, per merito soprattutto del Presidente della Commissione ambiente dell’Assemblea Regionale Trizzino. In una di queste riunioni il Presidente Crocetta così come come Lo Bello avevano accettato il principio di base di un documento che avevamo elaborato che era la proposta di un piano blu del mare di Sicilia dove si diceva che con questo mare ci si poteva qualcosa di molto meglio delle estrazioni petrolifere”.
E’ passato?
“Ci sono state una serie di discussioni poi, improvvisamente, Crocetta ha annunciato che ha fatto l’accordo con i petrolieri e di aver dato il suo bene placido alle autorizzazioni. Uno di questi progetti lo abbiamo impugnato anche al Tar perché ci sono elle cose nefande nei provvedimenti scritti credo dal Ministro dell’ambiente per chiarire che, quando una pensa a una valutazione di impatto ambientale, si immagina siano valutati i rischi: come prevederlo e contenerne i rischi. Niente di tutto questo è vero. In Italia a causa di una norma che è stata varata nel 2005, il “rischio rilevante” per le trivelle è stato eliminato per cui il massimo del rischio che viene preso in considerazione per lo sversamento di petrolio, è lo sversamento accidentale di qualche decina forse un centinaio di litri di carburante da una delle navi che fanno le operazioni. Non c’è niente sul rischio vero e proprio. Abbiamo un Ministro dell’Ambiente che continua a straparlare sul fatto che in Italia ci siano tutti i criteri di valutazione del rischio ma quello dell’incidente rilevante che è previsto dalla norma europea “offshore”, in Italia non viene considerato: questi incidenti in Italia non succedono! Per questo abbiamo impugnato questa valutazione positiva data dal Ministero dell’Ambiente perché dopo aver ricevuto questo bene placido dal Ministero, il proponente, cioè Eni, provvederà a definire quali sono gli scenari di incidente rilevanti. A quel punto nessuno, a livello ministeriale, avrà la possibilità di valutare. Una situazione aberrante che noi contestiamo”.
Uno sciacallaggio politico e indifferenza totale?
“Dal punto di vista politico più che di sciacallaggio io parlerei di voltagabbana. E’ evidente che c’è stato questo cambio di rotta piuttosto repentino in Sicilia. Crocetta ha ceduto ai poteri forti dell’industria petrolifera. Noi riteniamo che con il mare ci sono molte cose da fare come la risorsa della pesca che andrebbe tutelata con un sistema serio di tutela sia delle attività di pesca ma soprattutto di tutela delle aree più importanti dove si riproducono le specie ittiche. Invece adesso si vogliono mettere in pericolo con ispezioni sismiche prima e poi con attività di trivellazione. Sono informazioni che quando le abbiamo fatte vedere ai pescatori si sono terrorizzati perché si va a trivellare proprio dove si riproducono le specie. Noi abbiamo fatto il conto, solamente per una delle due aree dove si vogliono fare i test sismici tra Siracusa e Malta: il valore economico della pesca che si basa su quelle risorse nel canale di Sicilia, è nell’ordine di 130 milioni di euro l’anno. Nelle casse siciliane non credo che arriveranno mai 130 milioni di royalties nonostante i conti sballati che ha presentato Crocetta”.
C’è il petrolio nel Canale di Sicilia?
“Il petrolio non c’è. C’è il gas e tutto quello che riguarda poi il coinvolgimento della raffineria di Gela non ha nessun senso. Basta leggere l’accordo. Non si raffina petrolio, c’è gas e le altre compagnie su quello vogliono mettere le mani. Poi c’è il caso della piattaforma a cui è stata data da poco una valutazione positiva, estrarrà bitume perché il petrolio è di così scarsa qualità che non può essere utilizzato per la raffinazione ma verrebbe utilizzato per farci le strade. Bisognerebbe fare altro per il mare di Sicilia e per l’approvvigionamento di energia. Il modello basato sui fossili non ci sembra che abbia portato a grandissimi risultati, tra Gela e Augusta i dati sanitari parlano di tumori e di altre malattie pericolose per l’inquinamento petrolchimico quindi non mi sembra ci sia una situazione florida dal punto di vista economico e anche occupazionale e pensare ad un altro futuro per il Paese. Perché puntare ancora sulla petrolchimica ancora non si sa come non si capisce perché continuare a chiedere fondi all’Europa dalla Sicilia come ha fatto notare l’Anci per progetti diversi: è impossibile richiedere a un territorio di investire in sostenibilità, turismo, energie rinnovabili e poi andare a trivellare. E’ un non senso. Bisogna fare delle scelte. Le trivellazioni servono a mettere un bel po’ di soldi nelle tasche dei soliti noti ma non a migliorare il quadro dell’occupazione e dell’economia in Sicilia. Racconto un aneddoto abbastanza curioso che è stato anche oggetto di un’interrogazione parlamentare all’ARS: poco tempo fa Greenpeace ha simbolicamente scalato una piattaforma, la Preziosa, a largo di Licata, su quella piattaforma non c’è assolutamente nessuno ed è stata Greenpeace ad avvisare Eni. Non c’è nessuno: quella piattaforma non crea un solo posto di lavoro, come l’altra che è completamente automatizzata. Mentre con la pesca si potrebbe fare molto di più e contribuire alla crescita occupazionale ed economica”.
http://www.greenpeace.org/italy/it/multimedia/Video/No-trivelle-nel-Canale-di-Sicilia-/
http://www.greenpeace.org/italy/it/multimedia/Video/Piu-di-30-ore-di-occupazione-contro-le-trivelle/