di ANTONELLA CATRAMBONE
Maria Carmela Lanzetta, nota personalità della politica calabrese e nazionale, torna in Calabria dopo aver svolto l’attività di Ministro degli Affari Regionali e delle Autonomie nel governo Renzi. Ricoprì il ruolo di sindaco di Monasterace per due mandati, nel 2006 e nel 2011. Nel 2012 si dimise dopo aver subito due atti intimidatori di matrice ‘ndranghetistica e le sue dimissioni ebbero risonanza nazionale. Le ritirò dopo l’incontro col segretario del PD Bersani per presentarle nuovamente nel 2013. Il 25 gennaio 2015 il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, la nominò assessore regionale alle riforme istituzionali, semplificazione amministrativa, cultura, istruzione e pari opportunità ma il giorno seguente rinunciò all’incarico di assessore, in polemica per la nomina di Nino De Gaetano, con delega ai trasporti, colpito da un’indagine per voto di scambio. Il Sud on line ha voluto ascoltarla per conoscere il suo punto di vista come donna e come politico.
Come è stato il suo ritorno in Calabria dopo l’esperienza di Palazzo Chigi?
“Durante il mio anno al Ministero, in Calabria sono tornata ogni fine settimana, partecipando a moltissime iniziative che riguardavano le problematiche di cui mi stavo occupando: Province, Unione dei Comuni e Città Metropolitana, svolgendo anche una notevole attività politica a fianco del PD, in Calabria e in molte regioni italiane. Dal punto di vista umano è stato molto bello, perché ho ricevuto e continuo a ricevere la solidarietà dei miei concittadini che hanno compreso la mia scelta”.
Lei ha rappresentato le Regioni, in particolare quelle del Sud: come sono state accolte le Sue proposte e cosa il Governo non ha recepito.
“Ho rappresentato tutte le regioni italiane, naturalmente. Bisogna sapere che il Ministero per gli Affari Regionali lavora in stretta sinergia con la Presidenza del Consiglio e, quindi, ogni proposta deve essere conseguente alle scelte e alle decisioni governative. In particolare mi stavo occupando a portare a termine l’attuazione della legge Delrio (Province, unione dei Comuni e Città metropolitane) e, pochi giorni prima le mie dimissioni, avevo istituito la commissione per avanzare delle proposte finalizzate ad un nuovo coordinamento fra le Regioni in materie diverse, dalla sanità all’ambiente, ai trasporti, alla programmazione dei fondi comunitari”.
Le Regioni sono state accusate di non aver saputo spendere i fondi europei, di chi le responsabilità.
“La responsabilità è ovviamente degli amministratori e della burocrazia regionale. Anche per questo è necessario operare per cambiare il sistema delle regioni così come lo conosciamo. Pertanto, per evitare ulteriori dispersioni e ritardi, in previsione dei prossimi fondi europei ’14 -’20, ho organizzato al Ministero molti seminari e approfondimenti con i Presidenti delle Regioni del Centro-Sud, al fine di una migliore programmazione e utilizzo dei fondi indirizzati ad un reale sviluppo e crescita del Sud”.
La politica ha voltato le spalle al Mezzogiorno, come rompere questo isolamento?
“Intanto operando con buone pratiche amministrative e tenendo fuori soprattutto la criminalità organizzata e la corruzione che trovano spesso apparati e amministratori permeabili”
Cosa si aspetta dalla Giunta Oliverio?
“Purtroppo l’inizio non è stato, nel merito e nel metodo, coerente con quanto affermato in campagna elettorale, in quanto è stata attuata una scelta ambigua che mi ha costretto a non accettare l’incarico di assessore”.
La ‘ndrangheta è l’organizzazione criminale più forte a livello mondiale, cosa può e deve fare lo Stato per scardinarla.
“Lo Stato, attraverso le Forze dell’Ordine e la Magistratura, è fortemente impegnato a contrastare la criminalità organizzata. Per scardinarla occorre, da una parte più lavoro, più cultura e più istruzione per i giovani; dall’altra che la società civile e politica attui scelte e comportamenti sempre in linea con il rispetto delle Regole e della Legalità. Infatti il cambiamento comincia sempre nella coscienza di ognuno di noi e si concretizza nei nostri comportamenti. Come diceva padre Pino Puglisi: “se ognuno facesse qualcosa, se ognuno si mettesse in gioco, se ognuno rifiutasse di farsi spettatore del mondo in cui vive, tutto sarebbe diverso”.