Diplomata o laureata, trentacinque-quarantenne, residente al Centro-Sud e fino a ieri impiegata o quadro in un’azienda, spesso casalinga. E’ questo l’identikit della neo-imprenditrice che emerge dall’indagine di Unioncamere sulle “vere” nuove imprese costituite lo scorso anno, dove per vere nuove si intendono quelle attività che non sono frutto di trasformazioni di attività esistenti, ma iniziative completamente nuove. Un esercito di 53mila imprese (il 28,6% delle iniziative totalmente aperte nel 2013) da cui traspare Il profilo di un’Italia al femminile che, con più impegno degli uomini, cerca nell’impresa un miglioramento della propria situazione lavorativa o una risposta alla perdita del lavoro.
L’indagine – insieme ai dati relativi al primo trimestre del 2014 dell’Osservatorio sull’imprenditoria femminile – è stata presentata oggi a Salerno in occasione della prima tappa del “Giro d’Italia delle donne che fanno impresa”, l’iniziativa di Unioncamere e dei Comitati per l’Imprenditoria Femminile che ormai da sette anni attraversa l’Italia per favorire il confronto sui temi dell’impresa al femminile. Dopo la tappa inaugurale, il Giro raggiungerà Pordenone, Lecce, Grosseto, Taranto, Alessandria, Prato, Ferrara, Treviso e La Spezia (il calendario completo della manifestazione è disponibile su www.unioncamere.gov.it).
“Le donne – ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – sono un bacino potenziale di imprenditori a cui il Paese non può rinunciare e che, anzi, deve valorizzare. Con interventi mirati e rafforzando il sostegno istituzionale che le Camere di commercio hanno assicurato fino ad oggi. I Comitati per l’imprenditoria femminile, all’interno delle Camere, sono centri di servizio e punti di riferimento indispensabili per le imprese femminili, per le aspiranti imprenditrici e per tutte le donne che si trovano a dovere o volere riconvertire la propria vita professionale. E’ grazie a questo lavoro fatto di vicinanza, di competenza e di efficacia che, da oggi, i Comitati sono anche i terminali informativi del Governo, che li ha scelti quali presidi territoriali per promuovere la Sezione Speciale “Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Pari opportunità” del Fondo di Garanzia per le PMI”, lo strumento di politica industriale recentemente attivato in favore delle imprese guidate da donne. E’ un riconoscimento ad un sistema che funziona e che va ulteriormente rafforzato in tutte le sue componenti.”
Rispetto all’universo maschile, l’indagine di Unioncamere segnala come le donne che fanno impresa siano più concentrate nella fasce di età al di sotto dei 40 anni (il 60% contro il 55 degli uomini); hanno un livello di istruzione mediamente più elevato (il 20,8% ha in tasca una laurea, contro il 16,1% dei colleghi imprenditori maschi, il 46,1% almeno un diploma, mentre gli uomini si fermano al 44,7). Oltre ad un livello formativo mediamente più elevato, le donne che fanno impresa mostrano anche un’esperienza lavorativa più qualificata: il 18,5% ha infatti alle spalle un’esperienza da impiegata o quadro, contro il 14,3% degli uomini.
E anche nel caso di assoluta mancanza di esperienza nel mondo del lavoro, come per la categoria degli studenti, la quota di donne (6,5%) è più elevata di quella dei maschi (4,9). Sotto il profilo professionale, invece, è netta la distanza dagli uomini: solo il 6,9% delle donne aveva alle spalle una precedente e diversa esperienza da imprenditrice o lavoratore autonomo (15,2 la percentuale tra gli uomini), e solo il 3,5% svolgeva una libera professione (5% per gli uomini). A caratterizzare le neo-imprese femminili, infine, resta il profilo organizzativo più fragile, visto l’incidenza molto elevata (86,7%) la percentuale delle iniziative che nascono nella forma individuale.
Nota metodologica
L’indagine è stata condotta su un campione di quasi 18.600 imprese attive nate nel 2013 e rappresentativo delle 246mila imprese attive iscrittesi nel corso dell’anno. Dall’analisi è stato possibile stimare in poco più 185mila unità la consistenza delle imprese realmente create ‘ex-novo’ nel corso dell’anno, intendendo con tale espressione tutte quelle imprese che non risultano essere frutto di trasformazioni di attività esistenti dovute a cambiamenti di forma giuridica, di localizzazione, scorpori o nuove acquisizioni. In termini relativi, le “vere” nuove imprese così definite rappresentano il 48% delle oltre 384mila iscrizioni al Registro delle imprese rilevate nel corso 2013.
Osservatorio sull’imprenditoria femminile: il bilancio annuale al 31 marzo 2014
Al 31 marzo 2014 le imprese femminili registrate erano 1.286.906, pari al 21,4% del totale delle imprese esistenti alla stessa data. Rispetto al 31 marzo del 2013, le imprese femminili hanno fatto segnare un aumento del proprio stock pari a 6.605 unità (il 55,% del saldo complessivo delle imprese italiane nel periodo), corrispondente ad un tasso di crescita dello 0,51%, più del doppio del tasso relativo al totale delle imprese (0,2%).
La maggiore presenza femminile nel tessuto imprenditoriale si concentra nelle regioni Centro-meridionali, nell’ordine: il Molise (dove le imprese rosa toccano il 28,2 % del totale), la Basilicata (26,5%), l’Abruzzo (25,6%) e l’Umbria (24,5%). Sono solo quattro le regioni italiane con una quota di imprese femminili inferiore a quella nazionale, nell’ordine Trentino-Alto Adige (17,2%), Lombardia (18%), Veneto (19%) e Emilia-Romagna (19,8%).
Tra le province, è Benevento con il 30,4% la “regina” dell’imprenditoria rosa per tasso di femminilizzazione, seguita da Avellino con il 30,1%, Chieti con il 28,5% e Frosinone con il 28,4%. In coda, Trento (17,2%), Reggio Emilia (17,1%), Monza (16,4%) e Milano, fanalino di coda con il 16,3%.
Nel complesso, le imprese femminili tendono sempre più ad adottare forme giuridiche meglio strutturate, capaci di garantire una maggiore competitività e una superiore capacità di innovazione e internazionalizzazione. Inoltre le imprese più strutturate che possono fare fronte meglio a questa fase di crisi e di blocco del credito vedono aumentare la loro quota sul totale delle imprese.
Le società di capitale sono giunte a rappresentare il 17,8% del totale. In dettaglio, a fine marzo le imprese femminili risultavano costituite per la gran parte da ditte individuali (65,6%), contro poco più del 54% del totale imprenditoriale anche se la quota negli anni è progressivamente diminuita, quindi da società di persone, pari al 13,9% del totale, e da cooperative e consorzi, pari al 2,4% delle imprese in rosa.
Quanto alle attività, il 28,7% delle imprese femminili opera nel commercio al dettaglio e in quello all’ingrosso con la distribuzione più elevata in Campania, Lombardia, Sicilia. Le altre principali attività in cui operano le imprese femminili sono l’agricoltura (17,2%), prevalentemente nelle regioni meridionali di Sicilia, Puglia e Campania; i servizi di ristorazione e di alloggio (9,2%) prevalentemente nelle regioni del Centro – Nord di Lombardia, Lazio e Emilia Romagna e le altre attività di servizi (8,9%) concentrate per quasi il 46% in sole quattro regioni: Lombardia, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna. In termini di incidenza percentuale, la presenza delle imprese femminili è relativamente più rilevante nelle altre attività di servizio (49,5%), della sanità e assistenza sociale (38,5%), dei servizi di alloggio e ristorazione (28,9%), dell’agricoltura (28,7%) e del complesso delle attività di noleggio, agenzie viaggi (26,9%).