Il conto della mancata proroga per i lavori all’Altoforno 2, che porterà al sequestro dell’impianto, è arrivato in meno di 24 ore: ArcelorMittal ha comunicato ieri ai sindacati la cassa integrazione per 3.500 dipendenti, proprio in relazione alla prossima fermata dell’Altoforno 2 di Taranto, uno dei tre attualmente operativi. Intannto il Governo prepara il governo il nuovo piano industriale per rilanciare l’acciaieria. Il piano prevede una produzione annua di acciaio di 8 milioni di tonnellate dal 2023, da realizzare con due altoforni (il 4 e il 5), due forni elettrici e un impianto di produzione di preridotto «fuori dal perimetro di ArcelorMittal Italia», cioè a carico di un soggetto terzo: Snam. «Interlocuzioni sono già in corso», conferma una fonte vicina al dossier. Tre sono le condizioni imprescindibili per il governo: ArcelorMittal deve rimanere nel breve periodo; il nuovo assetto azionario deve prevedere una partecipazione pubblica; la riattivazione del siderurgico deve avvenire nel segno dell’ambiente, permettendo così di intercettare i 35 miliardi del fondo di transizione per i combustibili fossili nell’ambito del green deal europeo annunciato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.