ArcelorMittal vuole rompere il contratto con l’amministrazione straordinaria di Ilva rifugiandosi nella «raffazzonata giustificazione» della caduta dello scudo penale perché si è resa conto di non essere capace di gestire un’operazione industriale cosi complessa come quella del rilancio dell’acciaieria. In una memoria depositata nella causa civile a Milano sulla rescissione del contratto, i commissari Ilva sferrano un pesante attacco al gruppo franco indiano accusandolo di utilizzare tesi mistificatorie e le «consuete logiche» di «un certo tipo di capitalismo d’assalto» secondo il quale quando tutto va bene, è «guadagno io», mentre se invece si perde, allora «perdiamo insieme», «cercando di imporre surrettiziamente una riduzione del personale di 5.000 unità», da 10.700 a 5.700 dipendenti. Il documento è stato depositato al giudice Claudio Marangoni in vista dell’udienza fissata al 7 febbraio per consentire le trattative su un nuovo piano industriale. Il nodo è sempre quello. L’occupazione. Passi avanti sostanziali sono stati fatti. La specializzazione produttiva: con i due forni elettrici da aggiungere al ciclo integrale. L’utilizzo del preridotto, in coerenza con le esigenze del Nord industriale e con gli interessi del Sistema-Paese. Ma, sull’occupazione, i negoziati in corso sperimentano una, pericolosa, fase di stallo