Ha combinato un bel guaio il video boomerang con cui il ministro guardasigilli, Alfonso Bonafede, voleva celebrare se stesso insieme allo sbarco show di Cesare Battisti: prima di tomare al mittente con un carico di polemiche, ha rivelato l’identità di uno di quegli uomini che non devono apparire mai. Nel video — girato dagli uomini dell’ufficio stampa del ministero della Giustizia al seguito della polizia penitenziaria — si distingue un “agente” con la pettorina della polizia che, accorgendosi che l’inquadratura della telecamera si è spostata verso di lui, si copre il volto con una sciarpa. L’imbarazzo tra gli uomini in divisa è palese. «È necessario attenersi alla riservatezza di chi svolge un lavoro difficile e delicato come quello delle forze di polizia», dice Daniele Tissone, segretario del Silp, il sindacato dei poliziotti della Cgil. Le Camere Penali di Roma si dicono pronte a presentare un esposto denuncia per quella che ritengono lesione dei diritti del detenuto. Boccia il video, a titolo personale, il vicepresidente del Csm, David Ermini: «Io non lo avrei fatto». Mentre i colleghi togati di Area parlano di «idea primitiva della giustizia indifferente al rispetto della dignità umana». Critiche da tutto il Pd. Il Garante dei detenuti Palma ricorda che le norme prevedono «opportune cautele per proteggere dalla curiosità del pubblico». E mette in guardia Bonafede dall’uso di frasi come «marcire in galera», care a Salvini. Persino dal Vaticano arrivano critiche pesanti: «Non possiamo risvegliare nella gente certi istinti forcaioli. Chi sbaglia merita la condanna, la deve espiare ma come persona merita rispetto».