di Michele Eugenio Di Carlo

Il turismo del Sud si basa sostanzialmente su un ambiente e un territorio unici al mondo per bellezza e per biodiversità. Un territorio ancora difficile da raggiungere, anche turisticamente, per una carenza cronica di infrastrutture che si è aggravata negli ultimi 30 anni a causa di politiche governative di destra e di sinistra che nei fatti hanno abbandonato il Sud ad un destino differenziato rispetto al resto del paese, mentre tramite vari condoni edilizi lasciavano irresponsabilmente che la cementificazione selvaggia e la speculazione sfrenata aggredissero in particolare aree costiere tra le più belle al mondo.
Se colmare il vuoto infrastrutturale con opere moderne di comunicazione al alta velocità costituisce ormai un’urgenza indifferibile per un reale sviluppo del Sud, risulta ugualmente urgente pensare ad uno sviluppo che non si misuri attraverso la cementificazione: è il momento di dire con fermezza “ stop al consumo di territorio ”.

Definite, progettate e completate le grandi opere infrastrutturali, necessarie allo sviluppo economico, sociale e culturale del nostro territorio, occorre incamminarsi verso nuove prospettive che prefigurino condizioni ottimali per uno sviluppo sostenibile basato sulla forza aggregante delle esperienze umane, delle identità territoriali, delle culture, affinché la storia dei luoghi e le radici delle nostre città non siano più costrette al ruolo subalterno in cui le politiche nazionali le hanno finora relegate.

Le problematiche legate all’occupazione, alla difesa dell’ambiente, alla tutela della salute, alla promozione e alla valorizzazione del territorio, allo sviluppo sostenibile devono essere affrontate da una nuova classe politica meridionale che abbia una visione non condizionata dal senso di minorità che spesso ha vincolato le nostre iniziative; una visione che deve essere congiunta e coordinata con le esperienze provenienti da realtà virtuose.

È necessario tutelare quanto resta  dell’ambiente costiero sostenendo battaglie comuni contro le ricerche petrolifere, contro gli impianti eolici off-shore e non, occorre salvaguardare il nostro mare e l’attività dei pescatori dagli scarichi indiscriminati di ogni genere, tutelando la salute pubblica.

Il business dell’eolico, lo studio, l’installazione, la gestione anche di altre fonti energetiche alternative, devono avere ricadute economiche ad esclusivo vantaggio della comunità e delle popolazioni locali e non più essere “terra di conquista” di società, spesso del nord, che sfruttano il territorio senza apportare alcun beneficio alla comunità. È urgente favorire la costituzione di consorzi territoriali che vedano al tavolo delle decisioni da condividere le associazioni ambientaliste e il mondo della cultura, affinché lo sviluppo sostenibile legato alle fonti alternative sia gestito con oculatezza e nel rispetto del territorio e dell’ambiente. Consorzi territoriali che, attraverso protocolli d’intesa sottoscritti da Parchi, amministrazioni locali, associazioni, agenzie di cultura, pongano le condizioni sul come, quando, dove sfruttare, in forma pubblica e sociale, le risorse del sole e del vento, appartenendo il paesaggio e l’ambiente non alle singole realtà, ma ai molteplici e variegati comprensori e distretti del Sud.

Rilanciare il turismo – oggi poca cosa rispetto alle enormi potenzialità proprio a causa della mancanza cronica di infrastrutture – salvaguardando l’ambiente significa impegnarsi seriamente al fine di attivare gli itinerari della storia, della religione, della cultura, i sentieri dell’anima e del gusto, che in altri tempi hanno attratto poeti, scrittori, fotografi e giornalisti di fama, viandanti colti, mossi dalla letteratura e dall’archeologia, dalla botanica e dall’entomologia, dall’aroma dell’olio e dal profumo delle zagare, dallo spirito dei luoghi in stagioni non balneari. Proporre nuovi “parchi letterari”, può essere il volano di una nuova stagione di sviluppo nell’ambito della qualità e dell’eccellenza, nel segno del rispetto dell’uomo e della natura, un’occasione per destagionalizzare i flussi turistici, garantendo un reale sviluppo sostenibile capace di ancorare le giovani generazioni alla nostra terra. E’ un progetto, un’idea, un’intuizione che  non può essere ignorata in questo momento di incontri e di convergenze tra territori e nel mentre nasce al Parco della Grancia, in Basilicata, una nuova azione politica meridionale con Pino Aprile.

La proposta di nuovi “Distretti biologici a rifiuti zero”, che attivino il mondo della cultura e dell’associazionismo e i rappresentanti del mondo Bio e Slow-food, a livello regionale e nazionale, non può avere il Sud ai margini, come finora avvenuto.

Le problematiche legate al lavoro, all’ambiente, allo sviluppo devono essere affrontate passando dalla chiusura di una dimensione locale ad una più ampia a livello territoriale, per improntare lo sviluppo a criteri di sostenibilità, rimettendo al centro dell’economia la dimenticata agricoltura, mai come in questo momento utile a garantire molteplici forme di tutela del territorio.

E’ necessario condividere l’idea che bisogna imprimere un ulteriore marchio di qualità a un territorio già ricchissimo di beni materiali e immateriali, valorizzando e promuovendo il nostro patrimonio paesaggistico, naturale, ambientale, qualificando meglio l’offerta turistica, mettendo virtuosamente in circolo le risorse, le tradizioni, le tipicità.

Occorre svolgere e portare a termine un lavoro lungo e costante nel tempo, che deve vederci attivi come nuova comunità politica, sociale, culturale, al fine di puntare decisamente e unitariamente verso uno sviluppo equo, solidale, che metta al centro del percorso un laboratorio di idee e di iniziative dall’alto profilo etico e culturale, senza indulgere verso i soliti interessi privati, che finora hanno prodotto solo danni al territorio, al suo sviluppo, al mondo del lavoro.

E’ necessario condividere l’idea e sostenere progetti di nuovi  “Bio-distretti”, territori di eccellenza e di qualità, privi di discariche e inceneritori, che attentano all’ambiente e alla salute di cittadini e ospiti, proprio perché legati strettamente ad una progettualità e ad una politica  a “rifiuti zero” e “plastic free”.

La proposta di nuovi “Distretti biologici a rifiuti zero”, che attivino il mondo della cultura e dell’associazionismo e i rappresentanti del mondo Bio e Slow-food, a livello regionale e nazionale, non può avere il Sud ai margini, come finora avvenuto

Un rifiuto non è solo la misura del fallimento di un sistema produttivo, è anche il segno di politiche ambientali condotte senza metodo, con superficialità, se non il risultato di connessioni e contingenze con la criminalità, che non tengono in nessun conto la tutela ambientale, lo sviluppo etico, la salvaguardia della salute. Quanto è stato possibile in grandi metropoli americane deve essere alla base di una politica eco-sostenibile del nostro Sud.

Gran parte del territorio del Sud  è stato sottoposto alla minaccia e all’attacco della cementificazione selvaggia. Una cementificazione selvaggia, ma permessa e consentita dai governi, che non ha prodotto la destagionalizzazione sperata, non ha migliorato i livelli occupazionali,  non ha fermato il flusso migratorio costante e continuo degli ultimi 30 anni. Una cementificazione che ha sprecato enormi risorse materiali finendo per mettere in crisi lo stesso settore edilizio a causa della realizzazione di volumetria edilizie che distribuite oculatamente  in alcuni decenni avrebbero offerto al comparto edile lavoro stabile e sicuro per decenni. L’immobilizzazione di capitali, non sempre fruttiferi, e il ricorso al prestito, hanno mandato in crisi parte dell’imprenditoria locale con riflessi negativi sugli aspetti qualitativi e quantitativi del lavoro dipendente stagionale e una concorrenza sfrenata nel comparto turistico con sottoutilizzazione delle strutture. L’utilizzazione sfrenata di capitali nel comparto edile, in definitiva, ha sottratto capitali necessari a creare attività produttive e livelli occupazionali stabili e distribuiti nell’arco di tutto l’anno.

I giovani senza prospettive hanno lasciato il territorio, a malincuore e rassegnati.

Non è nemmeno più possibile, attraverso nuovi strumenti urbanistici, prevedere uno sviluppo, come non è più pensabile consumare ulteriore territorio. Siamo arrivati al limite del non ritorno. La natura, la terra, l’acqua, l’aria non sono risorse infinite.

Il nostro patrimonio paesaggistico, fonte primaria di una delle nostre principali attività, rischia di essere compromesso per sempre; i nostri beni storici e archeologici sono spesso ignorati e abbandonati e ancor più spesso sono gestiti con ingenti profitti da società del nord, la nostra agricoltura è diventata del tutto marginale schiacciata dalla grande distribuzione organizzata dal nord, le identità culturali e gli aspetti peculiari del territorio vengono inghiottiti sempre più da parallelepipedi grigi e informi.

Bisogna avere il coraggio di dire basta al consumo di territorio.

Un consumo di territorio che, anche da noi, ha prodotto l’abbandono dei centri storici e la creazione di estese periferie urbane senza servizi e di quartieri dormitorio, che hanno tolto spazio alla concreta possibilità di svolgere vita sociale.

Bisogna affidare lo sviluppo del Sud ad una politica urbanistica volta al risparmio di suolo e alla “crescita zero”, indirizzando il comparto edile verso la ricostruzione, la ristrutturazione, la riqualificazione estetica e funzionale del patrimonio edilizio esistente, anche attraverso le tecniche innovative della bio-edilizia.

Forza Sud! Forse è la volta buona per un’azione politica tutta meridionale.