Sì, è stato già detto. Che la madre di Mario Draghi è originaria di Monteverde, centro annoverato fra i borghi più belli d’Italia, che si erge su di un’impervia altura situata nella estremità orientale dell’Irpinia (a un tiro di schioppo dalla Daunia, che è invece terra di provenienza dell’ex premier Giuseppe Conte).
Ed è stato già detto anche – e certo questo conta molto di più – che l’ex presidente della Bce ha sempre avuto a cuore le sorti del Mezzogiorno, perché considera fondamentale il recupero del suo divario per una robusta e duratura ripresa della crescita italiana allineata alla media europea.
Tracce del Draghi pensiero sul Sud risalgono al 2009, come ha ricordato la Svimez di recente. Mentre sono in corso le consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo, conviene quindi riprendere le argomentazioni dedicate dal presidente del Consiglio incaricato alla questione meridionale da fonte diretta. Vale a dire un suo intervento in qualità di governatore della Banca d’Italia, incarico che ha ricoperto tra il 2005 e il 2011.
La pubblicazione si intitola “Il Mezzogiorno nella politica economica dell’Italia” e raccoglie i contributi presentati al Convegno su “Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia” tenutosi a Roma il 26 novembre 2009.
Ecco le sue tesi sulla questione meridionale.
RICORDANDO MENICHELLA
L’interesse e l’impegno della Banca d’Italia in quella che un tempo si sarebbe detta la “questione meridionale” sono di antica data. Donato Menichella, Governatore della Banca dal 1948al 1960, fu nel ristretto gruppo di nuovi meridionalisti che, fondando la Svimez nel 1946, avviaronol’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Gli economisti di questo Istituto hanno continuato daallora a sviluppare le loro analisi sui divari territoriali.
SENTIERO DI CRESCITA
Un sentiero di crescita più elevato di quello dello scorso decennio è essenziale per la stabilitàfinanziaria; per abbattere il debito pubblico; per potenziare le nostre infrastrutture: l’istruzione, laprotezione sociale, la giustizia; per ridurre il prelievo fiscale. Questo è lo scopo delle ricerche chepresentiamo oggi: riesaminare il problema che ha segnato la storia economica d’Italia fin dalla suaUnità. Abbiamo tutti bisogno dello sviluppo del Mezzogiorno.
DIVARIO PERSISTENTE
Da lungo tempo i risultati economici del Mezzogiorno d’Italia sono deludenti. Il divario diPIL pro capite rispetto al Centro Nord è rimasto sostanzialmente immutato per trent’anni: nel 2008era pari a circa quaranta punti percentuali. Il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, produce unquarto del prodotto nazionale lordo; rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell’areadell’euro.
ANDAMENTO LENTO
Il processo di cambiamento è troppo lento. Mentre le altre regioni europee in ritardo di sviluppo tendono a convergere verso la media dell’area, il Mezzogiorno non recupera terreno. Iflussi migratori verso il Centro Nord sono di nuovo ingenti, coinvolgono molti giovani anche conelevati livelli di scolarizzazione, impoveriscono il capitale umano del Sud. Il tasso di attività nelmercato del lavoro resta tra i più bassi d’Europa, soprattutto per i giovani e per le donne. Un quintodel lavoro è ancora irregolare, più del doppio che nel Centro Nord, che pure presenta valorisuperiori a quelli di Francia, Germania e Regno Unito.
INTEGRAZIONE MODESTA
L’integrazione del Mezzogiorno nel sistema economico internazionale è modesta; da questaarea, escludendo la raffinazione dei prodotti petroliferi, viene meno di un decimo delle esportazioni italiane. La crisi internazionale ha quindi trasmesso i suoi impulsi soprattutto attraverso la catena disubfornitura che si origina dalle imprese del Centro Nord; anche al Sud si sono allungati molto itermini di pagamento, sono peggiorate le condizioni di accesso al credito.
SCARTI ALLARMANTI
Il Mezzogiorno sconta la debolezza della sua economia. Il divario tra il Sud e il Centro Nord nei servizi essenziali per i cittadini e le imprese rimaneampio. Le analisi che presentiamo oggi rivelano scarti allarmanti di qualità fra Centro Nord eMezzogiorno nell’istruzione, nella giustizia civile, nella sanità, negli asili, nell’assistenza sociale,nel trasporto locale, nella gestione dei rifiuti, nella distribuzione idrica. In più casi – emblematico èquello della sanità – il divario deriva chiaramente dalla minore efficienza del servizio reso, non dauna carenza di spesa.
DIFFICOLTA’ ACCENTUATE
Svolgere un’attività produttiva in Italia è spesso più difficile che altrove, anche per la minore efficacia della Pubblica amministrazione; nel Mezzogiorno queste difficoltà si accentuano. Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra lepubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del liberomercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile. La Banca ha messo risorse dianalisi a disposizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia esulle altre associazioni criminali, per una indagine sul costo economico della criminalità.
CARENZA DI FIDUCIA
Alla radice dei problemi del Sud stanno la carenza di fiducia tra cittadini e tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme, l’insufficiente controllo esercitatodagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il debole spirito di cooperazione: è carentequello che viene definito “capitale sociale”. Questi elementi richiedono una maggiore attenzione daparte di economisti e statistici. Accurate informazioni quantitative su questi fenomeni, sulla loroevoluzione nel tempo, sono essenziali per valutare quali innovazioni, anche istituzionali, siano ingrado di modificare lo stato delle cose…
RISULTATI SCARSI
Le politiche regionali – quelle esplicitamente finalizzate a promuovere lo sviluppo delle aree in ritardo, con interventi specifici – nell’ultimo decennio si sono volte anche all’obiettivo diinnalzare il capitale sociale, attraverso miglioramenti nella trasparenza informativa, nellarendicontazione, nel controllo e nella valutazione dei risultati dell’azione pubblica, ma hannoottenuto risultati scarsi. Ne hanno indebolito l’azione i localismi, la frammentazione degliinterventi, la difficoltà di individuare le priorità, la sovrapposizione delle competenze dei vari entipubblici.
INSEGNAMENTO DA TRARRE
Se ne può trarre un insegnamento: le politiche regionali possono integrare le risorse disponibili, consentirne una maggiore concentrazione territoriale, contrastare le esternalità negativee rafforzare quelle positive. Ma non possono sostituire il buon funzionamento delle istituzioniordinarie. Non è quella delle politiche regionali la via maestra per chiudere il divario tra ilMezzogiorno e il Centro Nord. Occorre dirigere l’impegno soprattutto sulle politiche generali, chehanno obiettivi riferiti a tutto il paese, e concentrarsi sulle condizioni ambientali che rendono laloro applicazione più difficile o meno efficace in talune aree…
ADEGUATI CORRETTIVI
Affinché il Mezzogiorno diventi questione nazionale, non retoricamente ma con ragionato pragmatismo, ogniqualvolta si disegni un intervento pubblico nell’economia o nella società occorre avere ben presenti i divari potenziali di applicazione nei diversi territori e predisporre ex ante adeguaticorrettivi. Interventi di politica regionale tradizionale potranno dare un contributo solo se congegnati in coerenza con gli interventi generali.
APPLICAZIONE E NON SUSSIDI
Le nostre analisi mostrano che i sussidi alle imprese sono stati generalmente inefficaci: si incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque; si introducono distorsionidi varia natura penalizzando frequentemente imprenditori più capaci. Non è pertanto dai sussidi chepuò venire uno sviluppo durevole delle attività produttive.Insomma, occorre investire in applicazione, piuttosto che in sussidi. Tradurre questaimpostazione in atti concreti di governo non è facile. Si deve puntare a migliorare la qualità dei servizi forniti da ciascuna scuola, da ciascun ospedale e tribunale, da ciascun ente amministrativo odi produzione di servizi di trasporto o di gestione dei rifiuti. Per questo è, innanzi tutto, necessariomisurare e valutare i risultati dell’azione pubblica, in ogni campo, dalle grandi opere infrastrutturalifino alla performance del singolo addetto…
NECESSARIO DELIBERARE
Ovviamente, occorre poi deliberare. Si tratta di reimpostare norme e prassi antiche. Spostando l’enfasi dalla quantità delle risorse alla qualità dei risultati e facendo fruttare le risorseche ci sonogià, che i bilanci pubblici trasferiscono dalle aree più ricche… I margini per un utilizzo più efficiente delle risorse pubbliche sono significativi, in particolare nel Mezzogiorno. La spesa pubblica pro capite per i farmaci è per esempio in questaarea largamente maggiore che al Centro Nord. Nel contempo, bisognerebbe riconoscere e premiareil merito di coloro che servono il paese con distinzione in un ambiente particolarmente difficile.
GARANTIRE FUNZIONE PUBBLICA
Con il federalismo fiscale la maggiore autonomia si coniuga con una maggioreresponsabilità: sarà un’occasione per rendere più efficace l’azione pubblica solo se l’imposizione ela spesa a livello decentrato premieranno l’efficienza, solo se gli amministratori locali sarannocapaci di indirizzare le risorse verso gli usi più produttivi e le priorità più urgenti. Nel Sud questiobiettivi sono più difficili da raggiungere, ma se raggiunti i benefici saranno grandi, probabilmentemaggiori che nel resto del paese. Altrimenti i divari si aggraveranno.A Sud come a Nord lo scopo del nostro agire deve essere garantire la funzione pubblica per eccellenza, quella che definisce una cornice e un clima uniformi nel paese: scuole, ospedali, uffici pubblici che assicurino standard comuni di servizio da un capo all’altro d’Italia.
A cura di Asco