Dal Lago Maggiore alla provincia di Benevento. La scelta in controtendenza dell’impresa Powerflex
Storia atipica di un’azienda che nasce sul Lago Maggiore e viene trasferita sotto il Garigliano, vale a dire in provincia di Benevento. A opera di un gruppo di giovani imprenditori artefici di un investimento che ribalta la tendenza, molto accentuata trent’anni orsono, alla desertificazione industriale del Mezzogiorno, territorio che ci ha abituato a perdere centri di ricerca, di direzione, di produzione industriale, persino quelli più validi e avanzati, con lo smantellamento dell’Iri. Quella di Powerflex, industria con il laboratorio prove ambientali più grande del Sud, è una vicenda che potrebbe ante litteram alzare il vessillo di “Resto al Sud”. Una storia esemplare che vede protagonisti due amici: Pietro Di Lorenzo e Riccardo De Lucia, a cui si sono associati, negli anni successivi, Michele Antonio Di Lorenzo e Mauro Fontana. Sono i temerari protagonisti di un caso esemplare, allorché rilevano una realtà produttiva che nel territorio di Gozzano, la cittadina posta sul Lago Maggiore in provincia di Novara, tra la Lombardia, Piemonte e Canton Ticino, dove l’azienda era in origine produceva antivibranti a cavo metallico, con una tecnologia di derivazione statunitense, molto utilizzata nel settore della difesa. “Abbiamo rilevato un’azienda con un fatturato, nel 1996, di 12 milioni di lire. Oggi siamo a circa 5 milioni di euro, proiettati in piena crescita”. Parla Pietro Di Lorenzo, amministratore unico e presidente della sezione Automotive Avionica e Aerospazio di Confindustria Benevento. Ai microfoni di “DAC Informa” – il format audiovisivo lanciato dal Distretto aerospaziale della Campania, a cui la Powerflex aderisce – riferisce di una realtà industriale che oggi si occupa di meccatronica, con una spiccata capacità di progettazione e ricerca nell’ambito della filiera manifatturiera di cui fa parte.
Dopo due anni dalla sua acquisizione, il trasferimento a Limatola. Perché?
Perché la mia famiglia ha qui le sue radici. E’ stata una scelta etica nel vero senso del termine. Ispirata al pensiero di Adriano Olivetti che aveva nel senso di comunità il suo assunto principale. In questo solco spirituale si inserisce il nostro intento di portare l’attività sul nostro territorio, in Campania con una forte vocazione verso la responsabilità sociale d’impresa.
Powerflex nasce e si specializza sempre più nel testare e mettere a punto sistemi antivibranti e antishock. Ma di quali manufatti?
Il nostro campo d’azione è lo studio di tutto quanto afferisce a problemi legati a shock e vibrazioni ad ampio spettro. La nostra divisione Ingegneria studia soluzioni per problemi più svariati, in questo ambito, non solo relativi al mondo della difesa e dello spazio, ma anche a quello ferroviario. E da ultimo ci siamo dedicati anche nella tutela delle opere d’arte,settore per cui abbiamo studiato un sistema di protezione da scosse sismiche o per il trasferimento in sicurezza delle opere. Come, a esempio, il basamento antisismico, controllato elettronicamente, per il Corporale di Orvieto, teca risalente al periodo tra il 1350 e il 1356 che conserva e preserva la preziosa reliquia del lino insanguinato (o corporale). Oppure le basi antisismiche, realizzate come partner del CNR ENEA di Casaccia RM, per i Bronzi di Riace a Reggio Calabria.
Quali sono i problemi che affrontate in casi come questo e quali soluzioni avete messo a punto?
Sono due gli aspetti da considerare. Il primo è legato alla movimentazione, vale a dire che vanno prodotte strutture che permettono di movimentare le opere, come quella realizzata per il trasferimento della statua di Augusto da Prima Porta dai Musei Vaticani verso gli Stati Uniti, senza subire impatti negativi durante il trasporto. L’altro altro è quello della protezione in sito, in particolare in occasione di attività sismiche.
Veniamo all’Aerospazio. Oggi in azienda avete qui uno dei più grandi laboratori di prove Ambientali del Mezzogiorno. Non è così?
ll nostro impegno in questo settore è volto all’impegno a essere connessi con una filiera formata da realtà più grandi delle nostre. L’intento è fare sistema con l’accesso ai network di fornitura e della sua rete. In questo ambito siamo impegnati nella realizzazione di sistemi logistici adeguati alla movimentazione di apparati sensibili. Ad esempio produciamo containers che trasportano satelliti, o parti di satelliti. E vengo alla sua domanda, ossia all’importante attività di prova e di test su questi apparati. Test su satelliti, su parti di velivolo. Per fare un esempio concreto, abbiamo testato, per conto di un’azienda campana che lo produce, il carrello anteriore del velivolo addestratore delle frecce tricolori. Quando arriva il momento in cui un oggetto deve essere qualificato e certificato, per poter volare o essere utilizzato, entriamo in gioco noi con le attività sperimentali di supporto, sia per l’aspetto normativo sia per l’aspetto di test.
Ventisette anni fa, sul lago Maggiore, volume d’affari di 12 milioni di lire… Ma adesso il fatturato?
Come dicevamo siamo arrivati a sfiorare i 5 milioni di euro, prevediamo di crescere ulteriormente perché disponiamo di un’area legata alla ricerca, sviluppo, progettazione e produzione dimensionati già per aggredire altre classi di fatturati. Contiamo sulla collaborazione di network e di consorzi che lavorano nel settore dell’aerospazio o difesa, anche attraverso lo sviluppo di progetti di ricerca innovativi con il mondo universitario e in particolare con il Dipartimento di Progettazione Meccanica e Dipartimento Progettazione Aerospaziale dell’Università Federico II, oltre che con l’Università del Sannio.
State lavorando a prodotti interni innovativi?
Nel settore della difesa stiamo sviluppando delle innovative PDU (Power Distribution Unit). Sono degli apparati che servono a gestire le potenze elettriche utilizzate in un sistema che controlla più equipaggiamenti meccatronici. Stiamo realizzando un ulteriore laboratorio, nella provincia di Milano, che ci permetterà di seguire i clienti afferenti a quell’area, evitando ai clienti stessi dispendiose trasferte e complesse logistiche per gli oggetti in prova.
Come ha inciso la pandemia da Covid sulla vostra attività? E come ne siete venuti fuori?
Il primo nostro impegno durante il periodo pandemico è stato di mettere in sicurezza i nostri dipendenti. Abbiamo fatto ricorso allo smart working quando è stato necessario. Poi abbiamo cercato di lavorare sull’ottimizzazione delle risorse umane oltre che sviluppare una serie di attività interne, legate all’innovazione, alla ricerca e alla ecosostenibilità. Insomma ci siamo dedicati ad attività che ci hanno permesso poi di essere pronti per la ripartenza. E ci siamo riusciti, senza riduzioni di personale e senza ricorso alla cassa integrazione.
Quali sono in prospettiva i vostri mercati obiettivo?
Siamo imprenditori di prima generazione, abbiamo già pagato lo scotto necessario alla costruzione di un’azienda, per cui, il nostro obiettivo ora è consolidare la nostra posizione sul mercato italiano. Siamo il primo produttore per ammortizzatori a cavo metallico e contenitori logistici per apparati sensibili. Da qui dobbiamo partire. Per il mercato estero abbiamo delle collaborazioni interessanti con la Spagna, dove siamo stati selezionati come fornitori da Navantia, equivalente alla nostra Fincantieri, impegnata nell’ammodernamento della flotta militare. Stiamo chiudendo un accordo con una multinazionale tedesca per la distribuzione dei nostri prodotti nel mondo. Lavoriamo già con Israele, con l’Inghilterra, con la Turchia, con la Corea del Sud…
Digitalizzazione, sostenibilità e cyber-security sono tre parole chiave del futuro?
I tre temi per i quali siamo fortemente impegnati, lo dico adottando i termini usati nel G20 sono i seguenti: People, Planet and Prosperity. Sono i tre pilastri chiave dello sviluppo. Viviamo una sorta di grande mutazione genetica, non solo dell’industria, con la digitalizzazione che investe tutti i settori. In ambito 4.0 lo sforzo che stiamo compiendo è la razionalizzazione dei processi aziendali, a partire dai magazzini. Allo stesso tempo dobbiamo mettere in campo una nuova cultura di impresa, che ci faccia ricordare l’importanza dell’ambiente in cui viviamo, che va salvaguardato e difeso in tutti i modi. Siamo impegnati molto nella ottimizzazione dei processi produttivi, con l’obiettivo della condivisione con i nostri fornitori che sono chiamati a recepire le indicazioni di protezione ambientale. Siamo sempre stati attenti alla nostra responsabilità sociale di impresa cercando di restituire al territorio i benefici che riceviamo dalla nostra attività.
Ci può fare un esempio?
Organizziamo manifestazioni in favore della sostenibilità o di tipo culturale e sportivo, o che hanno al centro la disabilità e che vengono svolte sul nostro territorio. Anche questo nel segno della grande attenzione che riserviamo ai luoghi nei quali lavoriamo e viviamo e che trova una eco nel pensiero di un grande italiano, Adriano Olivetti. L’imprenditore e grande innovatore parla delle comunità come luogo in cui si ritrova l’elemento essenziale dell’amore della terra natia, “nello spazio naturale che gli uomini avranno percorso nella loro infanzia”.