L’ipotesi di tornare a votare il 29 luglio potrebbe comportare un aumento dell’astensione intorno al 10% rispetto dello sorso marzo. E solo in piccola parte perché la data si trova nel cuore delle vacanze degli italiani, molto di più per la delusione di come è stato gestito il voto del cambiamento di questa primavera. Con le categorie sociali che ormai non hanno più partiti di riferimento, i meno ricchi che presumibilmente non andranno in vacanza non incideranno sul risultato finale, non favoriranno questa o quella formazione politica. Questo il parere di alcuni dei più importanti sondaggisti italiani ieri sera. A partire da Enzo Risso, direttore scientifico di SWG che già dispone dei numeri, «frutto dei nostri costanti monitoraggi. Se si andasse a votare a luglio, ad oggi nelle intenzioni degli italiani ci sarebbe un’astensione del 10% in più rispetto al voto del 4 marzo scorso e si passerebbe a un’affluenza del 63%». Non un crollo verticale come qualcuno aveva paventato nelle settimane scorse, ma soprattutto, a incidere non saranno le vacanze degli italiani che, spiega Antonio Noto direttore di Noto Sondaggi, «sono ormai cambiate, sono più brevi e solo per una piccola parte terranno l’elettore lontano dalle urne. Chi davvero non andrà a votare si asterrà soprattutto per delusione o per una reazioni emotiva rispetto a quello che sta succedendo». Tra vacanze e delusione, chi potrebbe essere favorito da un appuntamento così ravvicinato? Per Risso, «dai nostri dati risulta che il 54% riconfermerebbe il voto di marzo, il 10% si asterrebbe, il 22% non saprebbe ancora e il 14% cambierebbe rispetto all’ultima volta». I più fedeli, continua Risso, «sono gli elettori della Lega che la rivoterebbero al 91%, quelli del Pd e M5s riconfermerebbero al 75%, solo il 55% invece per Forza Italia. La maggior parte di chi si astiene lo fa perché pensa che il voto sia inutile mentre il19% tornerebbe alle urne se ci fosse un partito di sinistra».