Molte fra le feste religiose si possono domandare pel popolo napoletano fragorosi spettacoli. Noi abbiamo già descritto i pifferai o zampognari, e la Madonna dell’Arco: diamo ora un cenno di talun’altra di queste popolesche solennità. La festa di San Gennaro, il grande protettore della città, viene celebrata d’inverno. Da tutto il regno a mille a mille vi concorrono i devoti, e se Napoli è la città del susurro in tutti i tempi dell’anno, lo si immagini in tale solennità, che ne accresce ben più del doppio la popolazione. Basta dire che a questi giorni anche le vie servono da locande, perché il povero non vuol gettare la sua lira pel letto, ed il ricco non trova per oro una stanza.
La cappella del Tesoro, che è quella a San Gennaro dedicata, è sempre zeppa di gente straordinariamente. Chi sta prostrato sul terreno, chi è assorto come in estasi, chi prega ad alta voce, chi si batte il petto. Egli è un misto di devozione e di superstizione: effetto naturale della nessuna cultura dello spirito. Alla sera di questa festa tutta la città è vagamente e con isfarzo illuminata, e ti si presenta uno spettacolo veramente mirabile. Quella notte è un bagardo, un tripudio, un sollazzo interminabile ed universale: tutte le vie son piene di gente ed il tumulto è generale per tutto.
Fonte:
“Napoli e le sue Costumanze. Compilazione delle storiche e filosofiche narrazioni di Lord Byron, Chateaubriand, Bossi, Lamartine, ecc. Venezia 1844”