Giuseppe Sciarra, regista foggiano, più volte si è dovuto scontrare con la censura e con la chiusura da parte dei media generalisti verso il suo modo di fare cinema e arte in generale. Gli è successo con il corto, “Venere è un ragazzo” rifiutato dai festival per una scena hot, con alcuni racconti a puntate per il web in collaborazione con Ennio Trinelli, con un altro corto ‘Iesus Martyr” che gli fu aspramente criticato da un produttore per delle metafore cristologiche all’interno della messa in scena che gli causarono l’esclusione da un festival e adesso anche con il documentario Ikos i problemi non mancano.
‘Mi censurano tutto quello che faccio! Sono stanco!”, dichiara il filmmaker pugliese. ‘Con Ikos mi sono messo in gioco raccontando la mia storia di bambino bullizzato e cercando di farlo il più autenticamente possibile. Ciò non è stato apprezzato da tutti. Mi è stato detto che avrei dovuto edulcorare la mia vicenda personale per renderla più vendibile e meno tragica. Ma perché mai? Un autore dovrebbe raccontare la verità! Essere sincero con lo spettatore sempre!’
Sciarra è veramente stanco di lottare contro i mulini a vento, vorrebbe avere la libertà come artista di esprimersi nel modo in cui vuole avendo la possibilità di avere dei contesti che diano spazio ai suoi progetti invece di ostacolarli mettendolo a tacere.
‘Viviamo in un mondo dove l’arte è controllata e devi rientrare in determinati parametri, se questo non avviene sei fuori dai giri. O ti uniformi a un sistema che ci vuole tutti uguali o soccombi con l’arte che vorresti proporre e che non ti viene permesso di fare conoscere a un pubblico più vasto. Riguardo la mia storia personale raccontata in Ikos è una cosa seria. Non farei mai sciacallaggio sulla mia tragedia. Io lotto per la giustizia. Denunciare chi mi ha bullizzato da bambino è un atto di giustizia che devo a me stesso. La mia storia non è una telenovelas a uso e consumo delle masse’!