“A pagina 11 del Mattino di Napoli oggi c’è un delicato articolo che riguarda il business del caro estinto. Sebbene in un breve passaggio il giornalista ribadisca che la maggior parte degli impresari funebri napoletani lavora nel pieno rispetto delle regole, l’immagine che ne viene fuori è svilente per l’intero comparto. Il racket del caro estinto si batte anche con la corretta informazione”. Lo affermano Gennaro Tammaro e Alessio Salvato, impresari in quota EFI (Eccellenza Funeraria Italiana) e rappresentanti campani delle agenzie di onoranze funebri.
“Quello che maggiormente ci addolora – spiegano i due – è constatare che spesso non basta nemmeno una sentenza del Tribunale per restituire dignità a quanti, a processo finito, si sono visti assolti ma sono stati ormai condannati alla gogna pubblica”. Tammaro e Salvato contestano, difatti, il modo in cui è stata citato nell’articolo il caso di cronaca che nel 2012 portò a 45 misure cautelari per persone tra dipendenti dei cimiteri, impresari e dipendenti di pompe funebri e medici legali “per assicurare le soffiate giuste sul defunto”, riportiamo testualmente.
“Il giornalista – accusano Tammaro e Salvato – si è però ‘dimenticato’ di sottolineare che i 52 imputati del seguente procedimento giudiziario sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste”.
“Inserire un non reato – concludono – in un articolo che cita indistintamente pentiti, clan e bombe vuol dire far leva sulla facile associazione funerali-camorra e riaprire una ferita impossibile da rimarginare per chi è rimasto coinvolto in quel procedimento penale. Vuol dire anche aggiungere ombre su ombre in un settore che già da sé deve lottare, e non poco, per scrollarsi quell’immagine di sanguinario avvoltoio che avvolge tutti, compreso chi lavora da sempre nel rispetto della legalità, delle regole e del dolore altrui”.