L’angelo si fece da parte per permettere al suo protetto di sedersi al tavolo. Per le sue peculiari caratteristiche non avrebbe dovuto provare emozioni, ma era un angelo giovane: non più di duemila anni dall’assegnazione del primo essere umano, per cui non riusciva ancora a restare sereno di fronte all’impossibilità di “crescere” dell’essere che gli era stato assegnato.
-“I non mi vergogno di dire la verità”- Ribadiva il vecchio una volta di più.
-“La polenta non mi è mai mancata, polenta e fichi. Polenta e latte. Ma il latte non c’era sempre…”-
Bofonchiava.
La coppia con i figli grandi, seduti al tavolo a fianco, lo ascoltava per l’ennesima volta. Cominciava ad annoiarsi di quelle parole.
Ma l’angelo sapeva che il vecchio (diceva di avere 95 anni), aveva subito un paio di modici ictus, per cui la sua memoria a breve termine lasciava a desiderare. Ripeteva una storiella, ogni volta convinto di dirla la prima volta ed essere molto interessante, per chi lo ascoltava.
Non era così. Annoiava. Persino lui, nell’ascoltarlo l’ennesima volta diede un rapido battito d’ali, quasi volesse fuggire via. Non poteva. Quell’essere gli era stato affidato e più volte era stato “richiesto” dal basso. Lui non voleva cederlo e chiedeva aiuto dall’alto ed altro tempo, perché “crescesse”. Ma non cresceva.
-“Amore, amore, amore. Sì! Poi te lo mettono in c..lo! Le donne? Il 99% sono delle p…”-
Brontolava. Intanto, ben vestito, ben curato, anche se momentaneamente “abbandonato” dal figlio in un albergo, mangiava, beveva, bofonchiava e parlava con qualcuno che gli aveva dato ascolto, ma più spesso tra sé e sé.
Albergo a tre stelle, un mese di pensione, accudito, con la proprietaria che gli portava il cibo al tavolo e si assicurava che gli fossero fatte le iniezioni e prendesse le medicine.
In una occasione gli aveva sentito chiamarla:
-“Troia”:
Doveva essergli scappato quel termine, perché generalmente chiamava le donne “bambola” ed i ragazzi “bambolo”.
Vestiva bene qualche volta ed altre volte più casual: pantaloni corti e scarpe di gomma. Altre volte maglie a mezze maniche e pantaloni lunghi.
-“Milionario! Sei un milionario imbroglione come Berlusconi! Vieni ad aggiustarmi la bicicletta!”- Poi aggiungeva: -“Ladri! Siete tutti ladri!”- Ad alta voce.
Parlava, rivolto sempre allo stesso uomo, seduto ad alcuni tavoli di distanza, con cui sembrava avere impostato una sorta di dialogo. Offendeva.
-“Era sempre meglio all’epoca di Mussolini! Eravamo poveri, ma…”- Faceva il gesto di allungare il braccio in un saluto fascista.
L’angelo ebbe un sussulto e involontariamente guardò in alto, chiedendosi se Lui avesse sentito. Certamente: non perdeva un sospiro.
Benché fosse “giovane”, sapeva del male fatto dall’uomo chiamato in causa e di come la sua anima fosse soggetta a non pietosi riguardi. Sperava che Lui non sentisse il suo protetto uscirsene di nuovo con quella frase che poteva costargli un lunghissimo periodo di punizione.
La ragazzina che mangiava al tavolo a fianco, si era stufata di sentirgli ripetere, a pranzo e a cena, le stesse frasi, dette con quella assurda sicumera, come se il sapere fosse soltanto il proprio.
-“Qui si mangia, si mangia. Io non mi vergogno di dirlo: polenta e fichi. La polenta non mancava mai. Il latte sì. Non sempre c’era il latte. Mia madre… già. Undici figli. Mia madre.”-
L’angelo sapeva che la madre di quell’anima era in un bel posticino in cielo, da molto ed ogni tanto perorava con Lui la causa di quel figlio.
-“Poi ho fatto la guerra. Sono stato ad El Alamein. Ero paracadutista. Rommel era forte. Hitler era un pazzo, ma Rommel…. Montgomery poi.”- Ripeteva una volta di più.
Intanto mangiava. Gli ponevano davanti di volta in volta il cibo, trattandolo come un bambino cresciuto. Lui mangiava.
Erano i giorni del terremoto che aveva distrutto le tante case della zona tra le Marche ed il Lazio, nel centro Italia. Si parlava in quel momento al TG, del campanile di “Accumoli” (ristrutturato), che si era infranto sulla casa dove viveva una giovane coppia con due figli. Morti tutti. La TV parlava di 241 persone morte (al momento), dei tanti i cui non si sapeva ancora nulla, in un bilancio che peggiorava di minuto in minuto, sepolti sotto le macerie. Molti si trovavano anch’essi in un albergo, il “Roma”, nel paese di Amatrice, inghiottito dallo stesso panorama che lo aveva reso celebre; quei turisti che si trovavano al posto sbagliato, al momento sbagliato, tornati a visitare i luoghi di nascita o i parenti, assieme ai proprietari. Tanti, relativamente, e nelle zone disastrate, erano stati salvati da quanti si erano gettati nell’opera di soccorso anche a mani nude e nel rischio di ritrovarsi sepolti, per via delle scosse che ancora squassavano i cantieri, tra le case distrutte. Dei senza tetto, di chi si era salvato, a caso, sembrava. L’angelo pensò tra sé che non era il caso che chi si era, fortuitamente salvato, si definisse miracolato: Lui avrebbe fatto delle scelte? Qualcuno da miracolare ed altri da lasciare morire? Gli uomini dimenticavano sempre che erano liberi per mezzo del “libero arbitrio”. Liberi, anche, di essere al posto sbagliato nel momento sbagliato. Liberi.
L’Italia era in lutto. L’angelo si diceva che, dunque, non sembrava esistere una trama, una logica superiore, se non da ascrivere al caso, che prevedesse come il suo “protetto” dovesse trovarsi a mangiare e bere vino, brontolando, in quell’albergo/pensione, dove la scossa aveva portato soltanto paura, essendo lontano dall’epicentro del sisma, mentre tanti, bambini, giovani, vecchi, dovevano essere morti, feriti, oppure vivi e tristemente addolorati per avere perso parenti, amici, case… in altri luoghi.
Non era il suo dovere porsi quei perché, ma, mentre percepiva volare verso l’alto l’anima sorridente di un bambino la cui mamma piangeva in terra la sua morte, non riusciva a non porsi delle domande cui non c’erano risposte, e neanche riusciva a non trovare sempre meno simpatico il suo “vecchietto”. Ma Lui aveva detto:-“Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.”- Poteva mai disubbidire “al Figlio?”.
A proposito di figli, con la f minuscola, gli era parso di capire, dalle parole dell’anima affidatagli, che il giorno successivo il figlio, andato probabilmente in vacanza con la moglie ed i figli, sarebbe tornata a riprenderselo. Forse aveva inteso, lasciando il vecchio padre a pensione, di liberare la consorte almeno per le vacanze, dalla perenne presenza del suocero. Il quale, a 95 anni, sembrava sprizzare salute da tutti i pori. Come mai lui viveva e tanti giovani perivano? “Muor giovane colui ch’al cielo è caro”, aveva detto, tempo prima, un giovane lirico greco, chiamato Menandro. Lo conosceva per essere stato il suo angelo custode fino alla morte. Certo, gli uomini non avevano ancora conosciuto “il Figlio”, ma Lui già c’era da sempre, per cui anche Menandro, commediografo Greco, aveva avuto un angelo custode. “Muor giovane colui ch’al cielo è caro”, aveva detto, a ragione, per cui si poteva far morire, adesso, il vecchio brontolone? No: si doveva lasciarlo vivere il più possibile e sperare che imparasse qualcosa. Ma l’angelo temeva non fosse facile: vederlo, al presente, nella sala del ristorante, guardare le immagini del terremoto, così indifferente e baldanzoso, gli lasciava proprio poche speranze.
Mugugnava intorno, con atteggiamento sicuro. Ripeteva le sue parole magiche:
-“Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Lo dicono i milanesi. No. I Milanesi non dicono così. Lo dicono i napoletani.”-
Ribadiva, con qualche variante, quella frase, convinto, ogni volta, forse, che fosse la prima e di essere divertente.
Raccoglieva la sua lunga vita in quella polenta mangiata dal se stesso, bambino. Nella donna che lo aveva chiamato amore e poi tradito. Nel suo avere partecipato alla seconda guerra mondiale, tornando vivo e nella necessità (che lui non poneva in atto), di dimenticare e passare oltre. Lui non passava oltre, ingoiato dal suo sicuro egocentrismo, mangiava, beveva, si replicava come in un angoscioso incubo, indifferente dal motivo per cui era stato lasciato solo, pur se accuratamente curato, dal figlio, che lo avrebbe ripreso con sé, dopo una meritata vacanza senza di lui. L’angelo, già sapeva, che lo avrebbe seguito al rientro in casa, senza troppe speranze, attendendosi un miracolo di crescita spirituale di cui non riusciva a vedere alcun bagliore. Purtroppo.