Particolare attenzione ha suscitato un passaggio del discorso del premier Conte alla Camera, quello dedicato all’Anac di Raffaele Cantone: “Stiamo studiando un’iniziativa che riguarda il ruolo dell’Anac. Se riusciremo a potenziare la sua fase di pre-contenzioso avremo una sorta di certificazione autorevole per gli amministratori”. E ancora: “Se non riusciamo a superare la stasi generata dall’approvazione del codice degli appalti pubblici non andiamo da nessuna parte”. A pesare forse la vicinanza di Cantone all’ex premier Renzi, che lo ha messo ai vertici dell’Anac, l’Autorità contro la corruzione, nel 2014. Quel che è certo è che sul codice antimafia Cantone s’è trovato sul fronte opposto rispetto a Piercamillo Davigo, l’ex pm di Mani pulite, la cui visione della giustizia è condivisa dal neo Guardasigilli Alfonso Bonafede. Per Davigo il codice è “solo un ostacolo per le persone per bene, mentre chi vuole delinquere continua a farlo”. Le frasi di Conte sono una doccia gelata per l’Anac. Le considerazioni del giorno prima erano passate del tutto inosservate. Ma ieri quando le agenzie battono quelle parole – “Non abbiamo dall’Anac i risultati che ci attendevamo” – e Cantone ha modo di leggerle il suo “stupore” è immediato.