Il Nord che scende in piazza è un corpo trasversale e composito, che ingloba forze produttive, mondo delle professioni e sembra aver trovato nei sindaci il proprio coagulo istituzionale. In 114 erano sabato mattina a Torino, in molti di più stanno tessendo reti e alleanze che valicano le contrade di partito ma si assemblano nel nome della battaglia anti decrescita. Il risveglio del Nord ha il volto di Monica Giuliano, il sindaco di Vado Ligure, dove tra qualche mese aprirà una piattaforma logistica da 800 mila container. Con Genova e La Spezia formerà una catena logistica di impatto mondiale, «per questa ragione non possiamo rinunciare alla Tav; perderemmo la possibilità di diventare uno snodo centrale per il traffico delle merci». Oppure ha il volto di Giuseppe Pasini, il leader degli industriali bresciani, la prima provincia industriale d’Europa, un distretto con un Pil di 35 miliardi. «Negli ultimi anni abbiamo ottenuto risultati sopra la media grazie alle esportazioni, ma senza infrastrutture adeguate l’export non regge». Il leader dei piemontesi e presidente Anci, Alberto Avetta: «Attaccati i pilastri dello sviluppo». Il grillino Patuanelli: «Un sì alla Torino-Lione ci metterebbe in difficoltà». La proposta di Arturo Artom: «Realizziamo subito il tunnel di base, al resto penseremo con calma». E Paolo Gentiloni afferma: «Io apprezzo la proposta di referendum del presidente Chiamparino, perché ha messo a nudo le contraddizioni del governo. Ma la Tav sta andando avanti, sono stati già spesi dei miliardi e, per cancellarla, il governo dovrebbe prendere una decisione in quel senso. Ma è del tutto evidente che in Parlamento non c’è una maggioranza per farlo. Punto. Per confermare la Tav in questo Parlamento c’è un’ampia maggioranza, grazie ai voti del Pd, di Forza Italia, della Lega e di altri. Per quante acrobazie propagandistiche possa fare Salvini, andare in piazza o cavarsela con un referendum, mi sembrano atteggiamenti al limite della presa in giro. Degli elettori, in particolare di quelli del Nord».