Questo è il Natale del Coronavirus 19. E se ricordiamo le immagini delle bare nei mezzi militari che nella notte del mese di marzo…e se ricordiamo quelle dei medici stremati dal superlavoro…e l’infermiera addormentata sul computer…cosa potremo mai non imprimere nel nostro senso della Storia? E’ una sorta di anno “horribilis”. Il 2020, sarà nei nostri cuori, nei meandri delle nostre anime. Abbiamo perso amici, conoscenti che hanno raggiunto la luce con la carezza di un operatore sanitario di turno; operatore che assieme a vari colleghi, si è impegnato fino in fondo a salvare più vite. E in questo Natale si comprende che la salute sia un bene fondamentale. E per evitare una terza ondata del virus, dovremo seguire le misure restrittive.
Avremo la fatica di praticare il distanziamento. Ormai abbiamo dimenticato i baci e gli abbracci. La mascherina ci tiene compagnia quando usciamo per fare la spesa, è un modo per nascondere la nostra paura in un mondo che è diventato ostile. Ostile perché si percepisce lo smarrimento inespresso…nessuno dirà mai che “non sa come andare avanti, che ogni passo è come attraversare un ponte di corda sospeso in una voragine”. Il Natale deve essere ancora una festa.
La festa della rinascita. Impegniamoci a recuperare il senso di umanità che deve essere nostro. Riprendiamo la vita da dove la pandemia ha voluto stravolgere i nostri ritmi. Noi siamo spaesati. Fino a pochi mesi fa, non sapevamo di come la nostra vita fosse piena e intensa. Oggi può essere intensa, ma ha quella intensità velata da regole di comportamento che non avremmo mai realizzato: nessuno avrebbe immaginato di coprire il viso con una mascherina. Nessuno. Ma questo è il Natale della speranza, del significato della vita che verrà, che sarà. E’ la promessa di nuovi contenuti in cui credere. Charles Dickens scriveva: “C’è una saggezza del cuore…”. E saremo saggi nel cuore.
Rosa Mannetta