Antonio Troise
La crisi non è ancora ufficializzata ma nei Palazzi romani le grandi manovre sono cominciate da tempo. Cellulari incandescenti, incontri più o meno riservati, sorrisi ammiccanti e strette di mano. Con i parlamentari in fibrillazione continua. Ufficialmente, la crisi non è ancora ufficializzata. Bisognerà aspettare, quasi sicuramente il 20 agosto, quando il Senato dovrà esprimersi sulla mozione anti-Conte presentata dalla Lega. Ma la tensione è già altissima. Tanto che, bisognerà votare anche sulla data del voto di sfiducia: ieri la Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama non è riuscita a trovare una posizione unanime. Così i senatori dovranno tornare in fretta e furia a Roma per decidere sulla mozione della Lega che vorrebbe anticipare al 13 agosto il verdetto sull’esecutivo gialloverde. Una scelta tattica, per far venire allo scoperto i partiti anti-Salvini e, magari, saldare l’asse con Forza Italia e la Meloni. Ma anche strategica: accelerare al massimo l’apertura delle urne.
Più facile a dirsi che a farsi ora che sta prendendo sempre più piede in partito del “non voto”. Anche se, per ora, è uno schieramento a dir poco “eterogeneo”. Ci sono i Cinquestelle, che vorrebbero le elezioni solo dopo aver approvato la norma che taglia 345 parlamentari. Per farlo, però, occorre anche cambiare la legge elettorale. Come a dire: addio elezioni a ottobre. Eppure, pur di raggiungere l’obiettivo, i pentastellati sarebbero anche disposti ad allearsi con quello che, fino a ieri, era il loro nemico giurato, il Pd. A sparigliare le carte è sceso perfino in campo l’ex premier, Matteo Renzi, che ha proposto un governo istituzionale. Idea che non piace per nulla all’attuale segretario Democrat, Nicola Zingaretti. Vedremo, nei prossimi giorni, se è solo una posizione tattica o se invece concreta. Anche perchè l’attuale numero uno del Pd è un generale senza truppe: la maggior parte dei parlamentari Dem è stata, infatti, selezionata proprio da Renzi. Che, nelle ultime ore, ha fatto balenare anche l’ipotesi di una scissione. Resta il fatto che anche i Cinquestelle avranno non poche difficoltà a sedersi allo stesso tavolo con l’ex premier e i suoi più stretti collaboratori, da Lotti alla Boschi, personaggi che per mesi e mesi sono stati bersagliati dalle critiche grilline. Ma la politica, si sa, è “sangue e merda”, come spiegava uno dei leader della prima repubblica, Rino Formica. E nel Paese che si è inventato le convergenze parallele tutto è possibile. Ad una condizione, però. Che fra governi balneari, istituzionali, tecnici o di “non sfiducia” ci sia spazio per un esecutivo in grado di governare e che non sia solo il risultato della più classica e deleteria manovra di Palazzo. Il Paese reale non la sopporterebbe. E sarebbe sicuramente bocciata anche dal Presidente della Repubblica.