Antonio Troise

La buona notizia è che, finalmente, il taglio delle tasse è rientrato nell’agenda del governo. La cattiva notizia è che, anche questa volta, la coperta dei conti pubblici è estremamente ridotta. E spazi di manovra per progetti ambiziosi sono davvero pochi. L’unico dato certo, per ora, è che l’esecutivo ha ridotto le imposte per i redditi medio-bassi, vale a dire fino a 40mila euro, con il cosiddetto taglio del cuneo fiscale. Buona parte di questi contribuenti avevano già usufruito del bonus Renzi di 80 euro, che ora viene portato a 100. La fascia che ovviamente avrà i maggiori vantaggi è quella fra i 27 e i 35mila euro, che di fatto dovrebbero avere circa mille euro in più all’anno in busta paga quando la riforma (nel 2021) marcerà a regime. L’operazione dovrebbe riguardare oltre 4,3 milioni di lavoratori dipendenti, sui quali si concentreranno i maggiori vantaggi, su una platea complessiva di circa 16 milioni di contribuenti. Insomma, il primo passo è fatto. Con una spesa che, quest’anno, si attesterà sui 3 miliardi (dal momento che gli aumenti scatteranno solo a luglio) e il prossimo raggiungeranno i 5 miliardi. Ma è solo un assaggio.

Dopo anni di crisi, passati a stringere la cinghia e a pagare valanghe di tasse per evitare il tracollo dei conti pubblici, il ceto medio si aspetta sicuramente qualche cosa in più. Non a caso, è stato sicuramente catturato dalle sirene del leader della Lega, Matteo Salvini, con il miraggio della flat tax al 20-25%. Un bel guadagno rispetto alle attuali aliquote. Ora, il governo giallorosso intende seguire una strada meno “impegnativa” dal punto di vista del bilancio dello Stato, con una rimodulazione dell’Irpef. Più o meno quello che hanno promesso, negli ultimi anni, tutti i governi che si sono alternati a Palazzo Chigi. Con lo stesso risultato: la pressione fiscale non è calata di un millimetro. La verità è che tagliare l’Irpef nelle aliquote intermedie, quelle dove si concentra la maggior parte dei contribuenti, è costoso. Per portare al 20% gli attuali scaglioni del 23 e del 27% servirebbero non meno di 20 miliardi. Che si aggiungerebbero ai 22 necessari per bloccare, nel 2021, l’aumento dell’Iva e ai 5 del cuneo fiscale. Una cifra enorme, insostenibile per le nostre casse. E, allora? Siamo condannati? No, per ridurre davvero le imposte servirebbe un coraggioso programma di tagli alla spesa pubblica, che da sola assorbe circa 800 miliardi. Senza contare poi l’attuale giungla di detrazioni e deduzioni fiscali, non tutte utili e, soprattutto, eque. Infine, la lotta all’evasione, utilizzando tutti gli strumenti tecnologici a disposizione dell’amministrazione pubblica. Senza queste premesse, sarà difficile che il cantiere-Irpef aperto dal governo possa arrivare a qualche risultato apprezzabile. E far cambiare idea a quel ceto medio che, proprio sulle tasse, ha mostrato il suo lato più sensibile.