ALESSANDRO CORTI

Cambiano le stagioni politiche, ma il salotto televisivo da cui i premier annunciano i tagli delle tasse resta quello di Bruno Vespa. Non sempre è andata bene: anzi, per lo più, le promesse lanciate da Porta a Porta non sono quasi mai state mantenute, soprattutto quelle fiscali. Ma Renzi non è scaramantico e, ieri, ha confermato punto per punto quanto sta dicendo in tutte le piazze: nel 2016 gli italiani non pagheranno più le tasse sulla prima casa. Poi, nel 2017, si metterà mano all’Ires e, nel 2018, ci sarà il gran finale: la riduzione dell’Irpef. Un piano da 45 miliardi in tre anni. Un’impresa da far tremare le vene ai polsi anche perché dovrà superare le forche caudine degli euroburocrati di Bruxelles. Questa volta, però, il premier è convinto di farcela. Dalla sua parte, si è schierato con convinzione anche il prudente ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Quali sono le ragioni di questo ottimismo?

La parola magica di Palazzo Chigi è “flessibilità”. Renzi è sicuro che, alla fine, l’Italia riuscirà a convincere la Commissione ad allentare un po’ i vincoli del deficit, portandolo a ridosso del 2,6% rispetto all’impegno programmatico dell’1,8%. Uno sconto che, insieme a quello attivabile in base alla nuova versione dei trattati comunitari, si tradurrebbe in un “tesoretto” di circa 17 miliardi da utilizzare nella prossima Legge di Stabilità. A rafforzare le richieste italiane, anche gli ultimi dati sul fronte del Pil, con una crescita che a fine anno potrebbe arrivare anche allo 0,9% (dallo 0,7% previsto). Se il trend sarà confermato, il Pil del 2016 potrebbe lievitare fino all’1,7%-1,8%, quasi mezzo punto in più rispetto alle previsioni. Dati che potrebbero liberare un’ulteriore riserva di circa 3,5 miliardi. Quanto basta per evitare lo scenario più indigesto a Bruxelles: finanziare il taglio delle tasse alimentando nuovo deficit. Una prospettiva che sarebbe, tra l’altro, duramente bocciata dai mercati.

A rendere più docili i “mastini” dei conti pubblici dell’Ue c’è poi un altro elemento: il governo, infatti, avrebbe messo da parte i propositi di ridurre già dal 2016 (sia pure con le penalizzazioni) l’età pensionabile. Per ora, quindi, resterà in vigore la riforma Fornero. Una sorta di scambio fra previdenza e fisco che fa salire le quotazioni di un taglio delle tasse sulla casa.

Naturalmente la partita è ancora aperta. La cancellazione di Imu e Tasi porterà sicuramente qualche centinaio di euro in più nelle tasche dei contribuenti. Molto più sfocati, invece, sono gli effetti che la riduzione delle imposte sugli immobili avrà sull’economia. Probabilmente darà una spinta ai consumi. Ma difficilmente potrà rimettere in moto una macchina produttiva che ha bisogno di interventi diretti per alleggerire il peso delle tasse su lavoratori e imprese. Ma i tempi (e gli slogan) della politica non sempre seguono quelli dell’economia. E, Renzi sa bene che, sul terreno del fisco, si giocherà non solo il suo futuro politico, ma anche quello del Paese.

Fonte: L’Arena