Antonio Troise
Non sarà un “condono tombale”, come quello firmato quindici anni fa, in piena era berlusconiana, dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. All’epoca entrarono nelle casse dello Stato circa 20 miliardi di euro. Più o meno quello che il governo “giallo-verde” vorrebbe incassare con la cosiddetta “Pace fiscale”. Un obiettivo forse troppo ambizioso, per almeno due fattori. Prima di tutto, gli italiani sono già alle prese con le due edizioni della rottamazione delle cartelle Equitalia: “sanatorie” che dovrebbero portare una decina di miliardi di euro nei forzieri dell’erario. Ma, a frenare gli incassi, ci sarà soprattutto un altro dato: il governo non vuole quel “colpo di spugna”, che piaceva alla Lega e che invece è particolarmente indigesto ai Cinquestelle. Alla fine i due azionisti di maggioranza dell’esecutivo si sono accordati su una soluzione di compromesso: la nuova sanatoria sarà una versione un tantino più flessibile dell’attuale “rottamazione”, con un meccanismo graduato a seconda delle difficoltà del contribuente. Pagherà, insomma, un’aliquota più bassa il cittadino in difficoltà e una più alta quello che se la passa un po’ meglio.
Per i contribuenti più riottosi a mettersi in regola con il fisco, il nuovo “condono” rappresenterà l’ennesima occasione per evitare guai in futuro. Ma, come tutte le sanatorie, anche questa lascia l’amaro in bocca ai tanti cittadini che hanno versato le tasse fino all’ultimo euro. Un’inevitabile disparità di trattamento giustificata, in questo caso, anche dal fatto che l’esecutivo intende cambiare radicalmente il sistema fiscale, passando dall’Irpef alla “flat tax”. O, più precisamente, alla “dual tax”, dal momento che le aliquote saranno due, al 15 e al 20%. Una rivoluzione che ha quattro obiettivi. Ridurre il carico fiscale, liberare risorse da destinare alla crescita avere un sistema fiscale molto più semplice e spingere imprese e cittadini che lavorano in nero ad emergere. Da questo punto di vista, l’idea di una sanatoria o, ancora meglio, di un “reset fiscale” non fa una piega. Serve allo Stato per mettere una pietra sul passato e al contribuente per fare i conti con il nuovo sistema senza alcuna pendenza.
Dopo questa fase, però, occorrerebbe davvero chiudere una volta per tutte la stagione delle sanatorie. Perché, altrimenti, dopo pochi mesi, ci ritroveremmo punto e a capo, con i contribuenti divisi nelle due classiche categorie: i furbi e i soliti noti, quelli che in sostanza non possono sfuggire alla scure del fisco. L’esatto contrario di quello che la “rivoluzione fiscale” giallo-verde vuole ottenere.
Fonte. L’Arena