Antonio Troise
Una scossa dopo l’altra. A poco meno di due mesi dal terremoto del 4 marzo, la ricostruzione in casa Pd non è mai cominciata. Anzi, continuano ad accumularsi macerie su macerie. L’ultima bordata è stata lanciata in diretta Tv dall’ex segretario, Matteo Renzi, che dal salotto di Fabio Fazio, ha recitato il de profundis sul dialogo con i cinque stelle per formare un nuovo governo. Una mossa che ha irritato perfino il suo fido “luogotenente”, il mite Maurizio Martina, arrivato ad un passo dalle dimissioni. Ma lo show dell’ex segretario ha fatto saltare i nervi anche agli altri “colonnelli” del partito, da Dario Franceschini ad Andrea Orlando. Una vera e propria rivolta che rende ancora più accesa ed infuocata la vigilia della direzione nazionale, in programma per giovedì prossimo. Un appuntamento che, di fatto, si sta trasformando in una vera e propria resa dei conti, quasi un congresso anticipato.
Ufficialmente, all’ordine del giorno, c’è ancora la possibile alleanza con i Cinque stelle. Ma, di fatto, l’argomento è già stato archiviato. E, la riunione, dovrebbe trasformarsi in una sorta di “ballottaggio” fra renziani e anti-renziani, fra chi vede il futuro del partito sempre segnato dalla stella dell’ex sindaco di Firenze e chi, invece, immagina una traiettoria molto diversa, con una netta discontinuità rispetto al passato. Sullo sfondo, ovviamente, c’è tutto il tema delle possibili elezioni anticipate, la prima data utile dovrebbe essere il 23 settembre. Sempre che, ovviamente, il Quirinale non tiri fuori dal cilindro un possibile governo del Presidente, con l’obiettivo di traghettare il Paese verso un nuovo bipolarismo e, magari, con un sistema elettorale in grado di esprimere un governo decretando subito chi ha vinto e chi ha perso. L’esatto contrario di quello che è successo il 4 marzo.
Ma c’è di più. La direzione del Pd potrebbe gettare un fascio di luce anche sulle vere intenzioni dell’ex premier. E’ da almeno due mesi che si vocifera circa l’intenzione di Renzi di creare un partito sul modello di “Macron”, magari imbarcando compagni di viaggio che fin dall’inizio si sono detti ostili all’alleanza con in Cinquestelle come il ministro Carlo Calenda. Ovviamente, per ora, sono solo supposizioni, indiscrezioni. Ma un fatto è certo: dopo il 4 marzo il Pd difficilmente potrà restare nel suo attuale assetto. E, soprattutto, dovrà trovare nuovi spazi elettorali sia a sinistra che a destra dei Cinquestelle. Non a caso, nei progetti del nuovo partito, ci sarebbe anche una sorta di Opa su Forza Italia, di fatto in declino insieme al suo vecchio leader, Silvio Berlusconi. Insomma, la mossa del “rottamatore” ha di nuovo accelerato il processo politico, imponendo a tutte le forze del partito di far capire subito quale strada intendono imboccare per ricostruire il Pd. Renzi ha battuto il primo colpo. Bisognerà vedere quanti e chi, nella fila dei democratici, vorranno seguirlo. Anche a costo di una nuova scissione del partito.
Fonte: L’Arena