Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia è stata capace di rialzarsi con quello che da tutti è stato definito un grande miracolo economico. Soprattutto, grazie alle capacità a all’impegno di tutte le forze che si riunirono responsabilmente per rimettere in piedi un Paese distrutto. Forse non a caso, nel suo discorso alle Camere, il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha voluto citare De Gasperi e la stagione di una politica virtuosa in grado di guardare al di là degli interessi di bottega e puntare al benessere collettivo. La sfida del dopo-Covid è per molti aspetti simile. Anzi, dal punto di vista delle risorse in campo, i 248 miliardi in arrivo dall’Europa sono una dote perfino maggiore rispetto ai dollari del piano Marshall. Ma la sfida è tutt’altro che facile. Prima di tutto bisognerà fare i conti con un sistema-Paese che da almeno vent’anni non riesce a superare la sindrome dello zero virgola sul fronte della crescita ed è rimasto impantanato nelle sabbie mobili della burocrazia e dei veti incrociati. Non si tratta di una questione di poco conto se si pensa che almeno il 40% dei fondi a disposizione dovranno essere gestiti dagli enti locali. Amministrazioni che, negli ultimi anni, non sono certo riuscite a brillare per capacità ed efficacia nell’utilizzazione delle risorse pubbliche.
Non basta. Gran parte del successo del Pnrr (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sarà giocato sul tavolo delle grandi riforme strutturali, dalla giustizia al fisco, dal lavoro alla pubblica amministrazione fino alla legge elettorale. Non c’è stato governo, negli ultimi vent’anni, che non abbia promesso di fare fuoco e fiamme su tutti questi fronti, senza mai riuscire a centrare il risultato. Colpa delle immancabili lobbyes che si sono di volta in volta coalizzate per fare muro e bloccare ogni possibile cambiamento. Del resto, chiedere ad un sistema di riformare se stesso, magari anche a costo di fare sacrifici, non è stato mai un’operazione semplice.
Infine, c’è un’altra questione, non meno importante: la solidità dell’alleanza politica che sorregge l’attuale esecutivo. Nel ’93 l’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi riuscì a siglare quel patto sociale che consentì all’Italietta dell’inflazione e del debito di entrare nell’euro. Oggi, forse, servirebbe anche qualcosa in più: una vera alleanza fra tutti gli attori in campo, dai partiti alle forze sociali, per uscire al più presto dall’emergenza Covid e imboccare la strada della ripresa. Insomma, una volta approvato, il Pnrr deve essere attuato in tempi rapidi, con efficacia, trasparenza e competenza. Il compito, insomma, sarà tutt’altro che semplice. Mai come questa volta, però, dovrebbe essere a tutti chiaro che è vietato sbagliare. Anche perché gran parte delle risorse, presto o tardi, dovremo restituirle. Se le sprechiamo, rischiamo di pagarle due volte, facendo un pessimo servizio all’intero Paese.