ANTONIO TROISE
Potremmo anche vedere il bicchiere mezzo pieno e scorgere, nel mini-rimbalzo di dicembre, una nota positiva sul fronte dei prezzi. Ma, al di là dei facili ottimismi, il 2016 è stato per l’Italia l’anno nero della deflazione. Non accadeva da almeno mezzo secolo. Certo, vivere con i prezzi che si riducono invece di aumentare, può anche avere i suoi effetti positivi. Ci dà l’illusione di essere più ricchi dal momento che, ogni giorno che passa, i soldi che abbiamo in tasca valgono un po’ di più perché con la stessa cifra possiamo acquistare più cose. Peccato, però, che nessuno se ne accorga. E non solo perché i ribassi, statistiche alla mano, sembrano quasi impercettibili e non toccano i cosiddetti beni essenziali.
L’altra faccia della deflazione
No, la verità è che l’altra faccia della deflazione ci racconta un Paese che marcia all’indietro come un gambero. Dove la gente continua a perdere il lavoro o si è impoverita dopo otto anni ininterrotti di recessione. Dove i consumi restano fermi al palo, insensibili perfino allo shopping natalizio o ai saldi di inizio d’anno.
Se si ragiona ancora, allora, si scopre così che l’Italia è nel pieno di una spirale perversa, fatta di prezzi che si riducono perché nessuno spende e di un’economia costretta a rallentare i suoi ritmi fino a fermarsi quasi del tutto. E, se le imprese non producono, sono costrette a ridimensionarsi e tagliare posti di lavoro. Con la conseguenza di avere più persone a spasso e meno soldi in giro per rianimare i centri commerciali e i negozi.
Un incubo. Non a caso, negli ultimi mesi, la lotta alla deflazione è stata al centro della strategia della Banca Centrale Europea che ha letteralmente inondato le banche di liquidità, nella speranza che potessero rimettere in moto il sistema economico. Qualche effetto, per la verità, c’è stato, dal momento che in Europa i prezzi sono tornati a salire. L’obiettivo di un’inflazione al 2% non è ancora stato raggiunto. Ma si incominciano a intravedere i primi segnali positivi.
L’Europa si rimette in marcia. L’Italia no
Vanno meno bene, invece, le cose in Italia, dove le misure per favorire la crescita non hanno ancora sortito gli effetti sperati. Come mai? La spiegazione è semplice: i governi che si sono alternati dal 2008 ad oggi non hanno mai avuto a disposizione le risorse necessarie per fare l’unica cosa giusta in grado di fermare la spirale della deflazione: tagliare le tasse. Per risalire la china e rilanciare i consumi, occorrerebbe un intervento choc, fra i 30 e i 40 miliardi all’anno, da dirottare tutti sullo sviluppo e sul rilancio dei consumi. Solo così potremmo finalmente liberaci dal virus della deflazione e cominciare a sentirci davvero un po’ più ricchi nella realtà, senza essere costretti a cullarsi nel fragile miraggio dei prezzi più bassi.