Alessandro Corti
Negli ultimi anni, quasi tutti i governi hanno voluto mettere le mani nella pubblica amministrazione, in quel grande esercito di tre milioni di dipendenti che pesa come un macigno sulle casse dello Stato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: quasi nulli. Non a caso, ieri, è stato necessario l’intervento di un ministro per riaffermare una regola non solo ovvia ma sacrosanta: quella del licenziamento per i lavoratori assenteisti. Ma, forse, sono ancora più paradossali le polemiche seguite all’esternazione del ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. A cominciare da quelle dei sindacati. Si sono subito affrettati a precisare che le leggi già esistono e che occorre, casomai, sbloccare le retribuzioni e rivedere le norme sul turn over. Come a dire: il problema è un altro.
Invece, il problema è proprio questo: cosa fare per rendere più efficiente una macchina amministrativa che perde colpi da tutte le parti e che continua ad essere poco produttiva. Certo, nessuno vuole sparare nel mucchio e dire che tutti gli statali sono assenteisti o, peggio ancora, dei “ruba-stipendi”. Ma c’è un dato di fatto: la pubblica amministrazione non è ancora riuscita a fare quel salto di qualità necessario per offrire ai cittadini servizi efficienti e al Paese una burocrazia in grado di competere con quella degli altri partner europei più avanzati.
L’elenco delle cose che non vanno è lungo e non si ferma all’assenteismo. Basti pensare, ad esempio, alla questione della mobilità dei lavoratori pubblici, fondamentale per razionalizzare gli organici ed evitare gli attuali squilibri fra le amministrazioni a livello regionale. O, ancora, alla digitalizzazione dei servizi pubblici, un processo che procede con un passo troppo lento, nonostante gli annunci contenuti in tutte le riforme varate dagli ultimi governi, fino a quella appena firmata dalla Madia. La questione non è neanche nel numero complessivo dei dipendenti pubblici, addirittura inferiore a Paesi come la Francia o la Gran Bretagna con una popolazione vicina alla nostra. Il guaio è che i nostri lavoratori sono spesso più vecchi e meno qualificati di quelli esteri. Colpa del blocco del turn over degli ultimi anni ma anche di una cattiva gestione del personale.
Fino ad oggi, la pubblica amministrazione è rimasta sostanzialmente prigioniera degli interessi corporativi e dei vecchi rituali della concertazione sindacale, due elementi che hanno frenato se non impedito la realizzazione delle riforme. Eppure, una Pubblica Amministrazione efficiente è fondamentale per ridare competitività al sistema-Paese e per semplificare la vita di cittadini e imprese. Per questo, però, occorre che tutti facciano la loro parte, dal governo ai sindacati fino agli stessi lavoratori. Serve, da questo punto di vista, un cambio di passo delle riforme ma anche di mentalità e di responsabilità.