Antonio Troise
Una lite quotidiana. Se le danno di santa ragione Luigi Di Maio e Matteo Salvini, “condannati” a coabitare non solo (e, non tanto) perchè hanno sottoscritto un contratto di governo, ma soprattutto perchè, per il momento, non c’è un’alternativa all’attuale maggioranza. Ieri, l’ennesimo scontro al vetriolo, questa volta sulle partnership della Lega in vista delle elezioni europee. Alleati imbarazzanti, visti dai Pentastellati, soprattutto per la presenza dei partiti che negano l’Olocausto. La replica del leader del Carroccio non si fa attendere: “I ministri sono pagati per lavorare e non per cercare nazisti, marziani o vesuviani. Pensasse a lavorare di più…”.
In altre “epoche” politiche, nel pieno della Prima ma anche della Seconda Repubblica, toni così duri fra i leader dei due partiti che sorreggono la maggioranza, sarebbero stati l’anticamera della crisi di governo. Nella Terza Repubblica, invece, sono le premesse per una tregua “apparente” prima dell’ennesimo scontro. Giorno dopo giorno, però, i nodi dell’esecutivo gialloverde diventano sempre più intricati e stringenti. Domani, ad esempio, il governo dovrà varare il Def, il Documento di Economia e Finanza, con i numeri chiave della prossima legge di Bilancio. Non sarà una passeggiata per un Paese in recessione e che difficilmente riuscirà a rispettare gli impegni assunti a Bruxelles con il Patto di Stabilità. Già oggi, per far quadrare i conti della prossima manovra economica ed evitare gli aumenti dell’Iva, servono non meno di 35 miliardi di euro. Ma la cifra potrebbe lievitare fino a 40 miliardi se, anche nel secondo semestre, il Pil non mostrasse segni di ripresa.
Insomma, bisognerà fare delle scelte. Scegliere, ad esempio, se puntare a ridurre le tasse per famiglie e imprese o continuare a erogare sussidi a pioggia per venire incontro ai ceti più deboli. Se sbloccare i cantieri, a cominciare dalla Tav, o spingere su altri settori, magari più innovativi, come l’intelligenza artificiale o la “block chain”. Temi sui quali le ricette di Lega e Cinquestelle sono molto diverse.
E’ evidente, insomma, che dopo un anno di navigazione, l’esecutivo gialloverde è arrivato ad un giro di boa decisivo. Ovviamente, nessuno pensa a colpi di scena o blitz immediati: fino al 26 maggio non è neanche lontanamente possibile ipotizzare una caduta del governo o, addirittura, evocare lo spettro delle elezioni anticipate. Solo dopo le elezioni, Lega e Cinquestelle misureranno i nuovi rapporti di forza all’interno della maggioranza. E, a quel punto, la crisi non sarà, come oggi, soltanto “virtuale”. Ma diventerà estremamente reale e, a quel punto, piena di tante incognite. A cominciare dal futuro prossimo venturo del governo Conte, dei due vicepremier e dei suoi ministri.