Mai come questa volta i destini del pianeta si decidono nelle urne. Il 2024 sarà l’anno più elettorale di sempre, con oltre 50 elezioni nel mondo in 76 Paesi. Ieri è toccato all’Iran con un voto dagli esiti per la verità scontati. Nei prossimi mesi, saranno chiamate al voto 2 miliardi di persone. Una valanga di elezioni che arriva in un momento estremamente delicato sullo scacchiere geopolitico, con l’economia alle prese con sfide epocali, come l’intelligenza artificiale e focolai di guerra accesi un po’ dovunque, dall’Ucraina al Medio Oriente fino al Mar Rosso e all’Africa.
E’ naturale che l’attenzione sia già concentrata sulla competizione fra Biden e Trump. Il verdetto sarà emesso a novembre, quando 160 milioni di americani dovranno decidere il nuovo Presidente. E sarà una scelta pesante: le sorti delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente si sono già intrecciate con le vicende della campagna elettorale. E il filo fra il conflitto e l’esito del voto diventerà ancora più spesso quando si conosceranno i risultati delle urne. Più o meno, sappiamo che cosa aspettarci da una eventuale vittoria di Biden, uno dei presidenti più amici dell’Europa, impegnato nella difesa dell’Ucraina anche se, negli ultimi mesi, ha alzato un po’ la voce nei confronti degli alleati chiedendo un maggior impegno, anche economico e militare, nel conflitto. Meno scontato scommettere sulla continuità della strategia americana nel caso della vittoria di Trump, che potrebbe lasciare il destino dell’Ucraina nelle mani degli europei, fare la pace con Putin e schierarsi, nella guerra di Gaza, senza se e senza ma, con Netanyahu. Quasi sicuramente, poi, il Tycoon americano tornerebbe a imboccare la strada del protezionismo, non solo verso la Cina ma anche nei confronti dell’Europa.
Prima di novembre, fra il 9 e il 10 giugno, toccherà ai 400 milioni di cittadini europei scegliere il nuovo europarlamento di Strasburgo. Quasi sicuramente potrebbero cambiare gli attuali equilibri e, soprattutto, quella coalizione “arcobaleno” che ha portato all’elezione della Von der Leyen. Ma, al di là delle alchimie politiche, i compiti che l’Europa deve fare sono abbastanza evidenti: rafforzare l’economia e soprattutto la politica industriale, per fare fronte alla doppia sfida della transizione climatica e digitale senza derive ideologiche ma con un sano pragmatismo e prepararsi ad un salto qualitativo e quantitativo del suo potenziale militare, per dare una risposta alle ambizioni imperialiste di Putin.
Non basta. Nel prossimi mesi saranno chiamate al voto nazioni cruciali dal punto di vista geopolitico globale: dall’India all’Indonesia, dalla Bielorussia alla Russia, da Taiwan al Regno Unito. Di fronte a questi scenari impallidiscono gli appuntamenti amministrativi di casa nostra, con le elezioni regionali in 4 regioni e in circa 3700 comuni.
Ma, ai di là delle dimensioni, occorrerebbe davvero che partiti e forze politiche cominciassero a discutere sui programmi e non mandare in scena il solito teatrino tipico di tutte le campagne elettorali. La posta in gioco, questa volta, è davvero altissima. E richiede un senso di responsabilità da parte di tutti, a cominciare dai cittadini chiamati a fare scelte decisive.