Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. Un errore, una gaffe, può capitare a tutti. Ed è già successo a tanti autorevoli ministri della Prima e della Seconda Repubblica. Ma quando le “sviste” diventano quasi quotidiane e, soprattutto, toccano temi e problemi di fondamentale importanza per il Paese, la situazione cambia. La preoccupazione aumenta. Nessuno, naturalmente, vuole mettere in croce il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, quando racconta di imprese che già utilizzerebbero un tunnel, quello del Brennero, dimenticando che sarà completato solo nel 2025. Flussi inesistenti per un’infrastruttura che è ancora un cantiere aperto e che, quando sarà finita, renderà più facili i collegamenti fra Italia e Austria. Parole che aprono baratri di incertezza almeno pari a quelli scavati dalla lista delle grandi opere che il governo “giallo-verde” ha sottoposto ad un’analisi del rapporto fra costi e benefici per decidere se far scattare il disco rosso o quello verde. Una strategia che getta ombre sull’intero settore. Basta considerare, ad esempio, alla vicenda della ricostruzione del Ponte di Genova: a quasi due mesi dal crollo, non si sa ancora quando e soprattutto chi dovrà riscostruirlo.

 

Troppo poco per dare certezze agli sfollati e all’economia della città

 

Unica nota positiva, almeno per il momento, la nomina del commissario, dopo un lungo periodo di confronto nel governo. Troppo poco per dare certezze agli sfollati e all’economia della città. Senza considerare, poi, la vicenda della Tav o della Tap, due grandi opere che dovrebbero dare un contributo alla crescita dell’economia e sulle quali non ci sono ancora decisioni chiare e definite. L’impressione, insomma, è che si continui a navigare a vista, senza una rotta definita e, soprattutto, un quadro di certezze.

Il discorso non cambia se, dalle grandi opere ci si sposta sull’altro fronte caldo del momento, quello del deficit. Anche qui, le preoccupazioni innescate dai numeri previsti nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, hanno fatto ballare paurosamente lo “spread” e alimentato nuove tensioni sui mercati, mettendo sotto pressione Piazza Affari. Da questo punto di vista, il problema non è quello dei giornali che “gufano” contro l’esecutivo o della speculazione che prende di mira questo o quel paese per interessi più politici che economici. I mercati si muovono sulla base dei numeri e, soprattutto, delle aspettative. E non c’è nulla che fa più male agli operatori economici dell’incertezza. Il problema, insomma, è che sui nodi veri dell’economia, dalle infrastrutture al deficit, dal fisco alle pensioni, bisognerebbe misurare sempre le parole, prestando particolare attenzione a tradurle, poi, in fatti concreti, in interventi reali. Il rischio, altrimenti, non è quello dell’ennesima gaffe quotidiana. Ma, soprattutto, di trasformare l’incertezza delle strategia in un danno economico. Un doppio prezzo che il Paese non si può permettere.

 

Antonio Troise