Non è la prima volta che Papa Francesco interviene sui temi dell’economia e, soprattutto, del lavoro. Ma le parole scandite contro quell’etica del profitto e della produttività che cancella i valori più profondi dell’uomo e “tiene in ostaggio la famiglia” pesano come macigni dopo le polemiche sui supermercati aperti a Ferragosto o nelle feste comandate e sulle fabbriche che chiedono ai propri dipendenti di lavorare tutti i giorni, domenica compresa. Ma il Pontefice vola molto più in alto della cronaca e, di fatto, rivoluziona il rapporto fra Chiesa e Impresa.
I più frettolosi hanno subito archiviato il messaggio nel segno della tradizione pauperista e anti-capitalista del cattolicesimo, in opposizione all’etica protestante.
Per capire, invece, come stanno le cose, occorrerebbe rileggere, criticamente, la sua ultima enciclica “Laudato si” e, in particolare, i capitoli che il Papa dedica alla cosiddetta “buona impresa”, quella che non si pone l’obiettivo del profitto facile, immediato e fine a se stesso. Ma allarga i suoi orizzonti sia sul piano temporale che su quello del radicamento nel territorio e nella società.
Francesco non riesce proprio a mandare giù l’economia di carta, la grande speculazione, che ha fatto pagare ai “popoli” la crisi delle banche e che è dominata solo dal dio denaro. Fra il mercato e il suo contrario, fra la ricchezza e la povertà, c’è invece una strada intermedia, dove i valori dell’uomo (e quindi) della famiglia, tornano in primo piano e non sono affatto in conflitto con la teoria e la pratica del capitale. Una sorta di rivincita dell’economia reale su quella finanziaria.
E’ questo il modello di sviluppo che la Chiesa di Francesco sta cercando di portare avanti, in un contesto difficile come quello che ha segnato l’economia negli anni della grande recessione.
Nessuna battaglia aprioristica contro le regole del mercato. Ma un rifiuto netto di quella “cattiva impresa” contraria ad un modello di sviluppo sostenibile e rispettoso di un creato del quale, ricorda il Papa, “siamo i custodi e non i padroni”. E, nell’ecosistema cattolico, la famiglia è un elemento fondamentale della struttura economica e culturale, il punto dove si trasferiscono valori e conoscenze e dove si crea la cultura dell’individuo.
Il Pontefice sa bene che senza lavoro l’individuo perde anche la sua dignità. Ma questo non significa distruggere la famiglia e l’ambiente puntando solo a massimizzare il profitto. Le logiche della buona impresa, che produce lavoro e sa stare sul mercati, sono ben altre. E non sono affatto in conflitto con la difesa e lo sviluppo dell’occupazione. Ma di quella vera e non di quella nata e cresciuta all’ombra dell’economia di carta.