Alessandro Corti
Dacci oggi il nostro litigio quotidiano. Non c’è tema sul quale, nell’esecutivo “giallo-verde”, non si aprano crepe vistose. E non c’è contratto di governo che tenga: i due azionisti di maggioranza, la Lega e il Movimento Cinque Stelle, non fanno praticamente nulla per nascondere di avere idee diverse. L’ultimo terreno di scontro è quello dei vaccini, con l’ennesima bordata lanciata dal leader del Carroccio Matteo Salvini, schierato apertamente dalla parte dei cosiddetti “no-Vax”. Secca la replica della ministra della Salute grillina, Giulia Grillo: “Su questo tema decido io”. Posizioni difficilmente conciliabili. Così come è altrettanto difficile far convivere il pugno duro del leader leghista sui migranti e Rom con la strategia molto più morbida e dialogante del premier Conte e del sui vicepremier, Luigi Di Maio, pronti a trattare la questione con l’Unione Europea ma senza eccedere con le posizioni “sovraniste” o “populistiche”. Stesso copione sulla questione della scorta a Roberto Saviano, che Salvini vorrebbe quantomeno “ridiscutere” se non eliminare. Quanto basta per consentire alla Lega, di conquistare i titoloni dei giornali e giocare all’attacco e mentre i grillini rincorrono e sono costretti a fare catenaccio per evitare il peggio. E le frizioni fra i due partiti non finiscono certo qui. L’elenco è lunghissimo: dalle deleghe per il ministro degli Affari Europei, Paolo Savona, fortemente appoggiato da Salvini e rimasto fino ad ora a bocca asciutta fino alle tasse, con i leghisti che vorrebbero un condono tombale e i grillini, invece, più orientati verso una riedizione, sia pure riveduta e corretta, della rottamazione delle cartelle Equitalia.
E’ vero che all’interno delle coalizioni di governo, per la loro stessa natura, ci possono (e devono) essere pensieri diversi. E’ già successo tante volte nella storia repubblicana, sia con gli esecutivi di centrodestra sia con quelli di centrosinistra. Bisogna però capire qual è il confine da non superare affinché la normale dialettica fra le forze politiche non si traduca, di fatto, in una campagna elettorale permanente e, quindi, in una sostanziale ingovernabilità. Nei prossimi giorni l’esecutivo dovrà prendere decisioni importanti. C’è da rinnovare il Cda della Rai, compreso il Presidente e il Direttore generale. Sono in scadenza almeno 380 poltrone nelle società pubbliche. Senza contare, poi, le grandi questioni economiche: si dovrà decidere, ad esempio, quali misure far confluire nella prossima legge di Bilancio e se sfidare o meno la Commissione Europea sui parametri del deficit. Insomma, un’agenda fittissima di temi e di scadenze che avrebbe bisogno, per lo meno, di un governo impegnato più a governare che a litigare. L’esatto contrario di quello che sta andando in scena in questi giorni e che comincia a preoccupare anche i mercati.
fonte L’Arena