Antonio Troise
E’ stato il venerdì nero della sicurezza. A Napoli, killer sparano fra la folla, colpiscono un pregiudicato. Ma feriscono anche una nonna e la sua nipotina di quattro anni. Vittime della violenza criminale. A Viterbo, nel Lazio, un commerciante di settant’anni viene ucciso nel suo negozio durante un tentativo di rapina. Aveva il cranio fracassato. Due istantanee che colpiscono allo stomaco un’opinione pubblica sconcertata, un Paese che continua a vivere all’ombra di un’insicurezza latente. Alimentata, certo, dalle ondate migratorie ma anche dai tanti episodi di cronaca che conquistano pagine sui giornali e condizionano l’immaginario collettivo.
La cruda evidenza di un fatto di cronaca, l’orribile realtà del sangue innocente sparso in una piazza o in un luogo di lavoro, mostrano per intero un’emergenza che neanche i buoni propositi riescono a scalfire. E’ vero che, stando alle statistiche più aggiornate, gli atti criminali sono in calo e le forze dell’ordine hanno raggiunti risultati importanti sul fronte della lotta contro clan e delinquenti. Sono numeri e notizie destinate puntualmente ad essere cancellate di fronte a quel senso di paura che continua ad attanagliare gli italiani. Basta leggere i rapporti di alcuni importanti centri di ricerca per averne anche una prova documentata.
Eppure, negli ultimi mesi, c’è stata una vera e propria offensiva sul fronte della sicurezza, che è diventata anche un terreno di scontro politico nel governo. Sono stati chiusi i porti per bloccare le navi dei migranti. E’ stata promulgata la nuova legge sulla legittima difesa. Si è discusso perfino della castrazione chimica per i colpevoli di stupri o violenze contro le donne. Il problema, però, non si risolve solo a colpi di norme. O, alimentando l’ennesima polemica politica fra le anime diverse di questa o quella maggioranza di governo. La verità è che per invertire la rotta e dare un segnale forte sul fronte della sicurezza occorrerebbe agire su più versanti. Intervenire in profondità nel tessuto della società. Spingere per un forte cambiamento culturale, l’unico davvero in grado di combattere i fenomeni criminali isolandoli nella loro “straordinarietà” e allontanandoli, definitivamente, dalla nostra quotidianità. Dove non è giusto, per una donna e la sua nipotina, essere colpiti solamente perché facevano una passeggiata. O, per un commerciante morire solo perché aveva alzato la saracinesca del suo negozio per lavorare. Sarebbe utile, allora, che per una volta tanto – e su un tema così delicato – si mettessero da parte le polemiche e si cominciasse ad affrontare i problemi in profondità. Le leggi, la repressione e perfino il controllo del territorio sono utili e importanti. Ma non sufficienti per allontanare del Paese lo spettro della paura.