Antonio Troise
La tregua elettorale è finita: chiuse le urne, Italia e Ue sono già ai ferri corti. Fra qualche ora Bruxelles invierà a Roma la nuova lettera di richiamo sul debito. Una vera e propria dichiarazione di guerra. Perché, a riceverla, ci sarà anche un più che mai battagliero Matteo Salvini, vincitore assoluto delle europee, premier in pectore dei nuovi equilibri politici sanciti dagli elettori ma, soprattutto, il politico più deciso ad aprire un’offensiva senza precedenti contro l’Europa del rigore. Nei giorni precedenti le elezioni, aveva messo in discussione la regola del 3% del deficit. Ora alza il tiro, e annuncia un piano di 30 miliardi per finanziare il secondo modulo della flat tax, destinato ai redditi fino a 50mila euro. Tutto bene se non fosse che l’Italia deve trovare almeno altri 30 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva e finanziare le misure già varate nel 2019 (Quota 100 e Reddito di Cittadinanza). Insomma, per rispettare i vincoli europei servirebbero circa 60 miliardi di euro. Una cifra del tutto incompatibile con le finanze italiane.
E, allora? Dovremo rassegnarci a rispettare le regole e ingranare la retromarcia, come è già avvenuto con l’ultima manovra economica? Questa volta la partita è più complessa. Il leader della Lega sa bene che l’attuale commissione è sul piede di partenza e che, se pure la prossima settimana dovesse decidere di mettere sotto accusa l’Italia, la procedura di infrazione partirebbe solo ad ottobre. Quando, in sostanza, si saprà il destino dell’attuale governo e, soprattutto, si chiariranno i nuovi rapporti di forza nel parlamento Europeo. Salvini spera di trovare almeno qualche sponda fra i partner “sovranisti”, anche se pochi sono disposti a concedere sconti sul bilancio pubblico. L’Italia, inoltre, potrebbe avere voce nell’esecutivo comunitario, incassando almeno un commissario, magari con una delega economica. Anche in questo caso, però, sarebbe difficile chiudere un occhio su un debito destinato a salire di circa 4 punti entro il 2020, dal 131,4% al 135,5% del Pil.
Ovviamente, non basta un primo rapporto negativo della Commissione per avviare la procedura. L’Europa continuerà ad essere un elefante che si muove molto lentamente: fra il dire e il fare possono passare anche molti mesi. Ma non c’è da stare allegri. Perché il vero nemico dell’Italia è sui mercati, ha tempi di reazioni molto più rapidi ed un nome preciso: spread. Ieri è tornato a quota 290, alimentato dai rumors sulla procedura di infrazione. E’ qui che Salvini dovrà giocare le sue carte, per chiarire il futuro del governo, impostare una politica economica credibile e far recuperare al Paese la fiducia perduta. La campagna elettorale è finita. Ora, dopo le parole, servono fatti e azioni concrete. E non solo per convincere l’Europa a non farci tornare nel poco invidiato club dei Paesi “inaffidabili”.