Non sono sicuro se la frase gattopardesca possa adattarsi al nuovo governo Draghi. C’era tanta attesa per la formazione del nuovo governo. Conosciuta la lista dei ministri, scoppia la delusione, tutti spiazzati, ci si aspettava molto altro dal tanto osannato presidente incaricato. Doveva essere “il governo dei migliori”, invece, assomiglia molto a un governo di compromesso, di basso profilo.
Quello che colpisce è la mediocrità dei profili, salvo eccezioni, come il gruppo dei tecnici. Emerge la vischiosa continuità con il passato esecutivo. Sostanzialmente per qualcuno,“la montagna ha partorito il topolino”.
Soprattutto nessuno si aspettava di rivedere certi personaggi del governo Conte 2, si pensava ad una discontinuità col governo precedente. Anche perchè la pandemia è stata, per dire il meno, malgovernata da Conte e compagni. Come ha ben descritto il professore Luca Ricolfi, nel suo ultimo libro, “La notte delle ninfee. Come si malgoverna un’epidemia” (La Nave di Teseo).
«Il cattedratico si spinge a determinare, con ragionevole fondatezza, il costo di ritardi e delle incertezze tra le due diverse fasi: tra venticinquemila e quarantamila vittime. E’ impossibile non accettare il bilancio finale, da conservare per la storia del nostro paese, sulle “gesta di una gesta di un classe di governo che non si è accontentata di sbagliare molto di fronte alla prima ondata, ma ha preteso – con spensierata arroganza – di ripetere gli stessi errori di fronte alla seconda”. (Vincenzo Pacifici, Come si malgoverna un’epidemia. La denuncia di Luca Ricolfi, 6.2.21, destra.it).
Alla formazione del nuovo governo, in molti hanno rilevato che Draghi ha usato il manuale Cencelli, non poteva che essere così, lo stesso Mattarella aveva aperto per dare a tutti la possibilità di entrare in questo suo governo di unità nazionale. Non intendo commentare le motivazioni sulle scelte dei vari ministri, lo hanno fatto altri.
Tuttavia, «la riconferma di Di Maio, Lamorgese e Speranza in tal senso è un macigno,– scrive il professore Capozzi in un post su facebook – che pone un’ipoteca sul prossimo futuro. Quella di Speranza in particolare poi è un segnale sinistro, che non si spiega nemmeno con il Cencelli, e lascia purtroppo immaginare il proseguimento delle fallimentari politiche emergenzialiste viste nell’ultimo anno».
Non si comprende come una forza politica così marginale come Leu, abbia un simile potere di condizionamento. Un esecutivo così sembra essere destinato a durare poco, altro che governo dei migliori.
Ma allora perche Draghi si è messo in questa situazione? Non rischia di scottarsi? Di pregiudicare la sua corsa al Colle? Le risposte a questi e ad altri quesiti, sicuramente le avremo nel prossimo futuro.
Infine una riflessione a aprte meritano i precari equilibri dei partiti, delle coalizioni o alleanze. In particolare vorrei soffermarmi sulle scelte strategiche del centrodestra. Chi ha giocato le carte migliori in quest’area politica.
«È stata più giusta la disponibilità a priori di Berlusconi e Forza Italia, la fiducia “ragionata” adottata dalla Lega di Salvini o la persistente opposizione annunciata da Giorgia Meloni?» (Eugenio Capozzi, Il centrodestra “differenziato”: una scelta ragionevole, 13.2.21, nazionefutura.it).
Secondo il professore le scelte delle destre sovraniste (Lega e Fdl) erano obbligate.
Se avessero scelto l’opposizione compatta a Draghi, avrebbero lasciato campo libero alle sinistre (Pd,5Stelle e Leu), avremmo avuto un nuovo governo giallorosso anche se ampliato, «in quella che è stata chiamata la “maggioranza Ursula”: una convergenza tra le “famiglie” politiche storiche del vecchio continente, con l’aggiunta dei 5 Stelle, in funzione dell’emarginazione dei sovranisti. Il centrodestra si sarebbe spaccato perdendo la sua componente liberale-moderata, disarticolandosi, e il dopo-Conte sarebbe stato caratterizzato dal consolidarsi di un nuovo centro-sinistra “col trattino”, per dirla alla Cossiga/D’Alema. In più, la nuova maggioranza avrebbe cominciato a prefigurare già quella per l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale».
Pertanto, per Salvini la scelta di appoggiare «il tentativo di Draghi è stata quasi obbligata per fermare quella operazione. Il leader leghista ha sfruttato allora con abilità lo spazio aperto dalle condizioni poste, all’atto dell’incarico, da Mattarella: una maggioranza ampia il più possibile, al di là delle formule politiche. In tal senso, non avrebbero potuto venire da sinistra veti nei confronti della Lega. Entrando in maggioranza senza porre condizioni capestro, Salvini ha ottenuto un triplice scopo: cancellare l’opzione “Ursula”, rientrare a pieno titolo nel gioco del governo da cui era stato escluso nell’estate del 2019, e creare il massimo disagio nel Pd e nel M5S».
Anche perchè il governo Draghi, almeno per il momento, sembra un governo a tempo e la partita di Salvini dovrebbe essere quella di condizionare il più possibile il governo, spingendolo a dare segnali di discontinuità rispetto a Conte 2, anche se non sarà facile.
Tra l’altro occorre evidenziare che se Draghi, «ha messo in gioco in questa occasione la sua autorevolezza internazionale per fare il presidente del Consiglio in un momento di recessione durissima come questo, è nel suo interesse cercare di segnalarsi almeno come artefice di una percepibile inversione di tendenza, pena consumare il suo patrimonio di credibilità e forse anche le sue future chances di ascendere sul Colle».
Per quanto riguarda la scelta diversa di Giorgia Meloni di rimanere all’opposizione, secondo Capozzi è una scelta altrettanto valida. «Infatti in tal modo Fdl non soltanto rimane a presidiare lo spazio elettorale dei ceti più radicalmente insoddisfatti della classe politica allineata all’Ue, ma mantiene la doppia possibilità di rafforzare, al momento debito, in caso di necessità il lato destro della maggioranza draghiana con votazioni favorevoli caso per caso […]».
Inoltre questa strategia potrebbe essere utile in caso di rottura della Lega con i suoi partner di maggioranza, può diventare una valvola di sfogo per ritornare all’opposizione insieme a FdL ed esercitare «una forte pressione su una coalizione comunque precaria e disorganica, puntando a quel punto ad una scadenza elettorale sempre meno lontana».
Pertanto secondo le osservazioni del politologo napoletano, questa strategica differenziazione a Destra rispetto al governo Draghi, potrebbe avere «potenziali effetti benefici su entrambe le componenti, senza pregiudicare la coalizione futura». Certo sia Salvini che la Meloni stanno giocando una “partita” rischiosa, ad oggi non possiamo sapere chi dei due ha più ragione dell’altro, il futuro ci darà la risposta.
DOMENICO BONVEGNA
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