Giuseppe Lembo
Nel nostro Paese c’è una crisi profonda nei comportamenti pubblici e privati riguardante il capitale umano, una risorsa-ricchezza fortemente maltrattata e sempre più abbandonata a se stessa; al suo destino del niente, con protagonista l’indifferenza umana.
Ma al male di cui soffre il capitale umano viene ad aggiungersi un ulteriore ed altrettanto grave male; riguarda il capitale relazionale; nel nostro Paese, sbagliando, proprio non se ne sa capire l’importanza.
Le conseguenze non sono di poco conto; si tratta di conseguenze gravi, soprattutto nelle prospettive del futuro.
Il nostro Paese è, purtroppo, indifferente al rapporto tra una generazione e l’altra.
C’è un vuoto incolmabile; c’è un vero e proprio abisso tra il mondo degli anziani e quello dei giovani.
Le generazioni dei padri sono egoisticamente indifferenti a quelle dei figli, a cui il mondo adulto non dà niente, compiacendosi, così come si compiace, di pensare solo a se stessi.
Tanto, è un grave male italiano dovuto alla scarsa attenzione del capitale relazionale.
Purtroppo non esiste in Italia una condizione umanamente e socialmente diffusa, basata sul capitale relazionale, una risorsa utile al bene del Paese che può favorire la continuità dell’insieme umano integrato in tutto il corso della vita, senza quelle traumatiche divisioni, spesso vere e proprie contrapposizioni che oggi ammorbano la vita del nostro Paese con veri steccati tra mondi contrapposti di generazioni separate e tra di loro indifferenti.
Tutto questo è disumanamente nocivo al futuro del nostro Paese; tutto questo si chiama crisi del capitale umano e nello specifico, crisi del capitale relazionale, un bene, purtroppo, estraneo al modello di vita italiano, essendo un modello poco attento all’uomo, basato com’è, al solo prevalere della forza sulla ragione.
Il nostro Paese non può, in maniera autodeterminata, pensare con indifferenza di farsi male, manifestandosi inopportunamente distratto su quelle che sono gli elementi fondanti del nostro vivere insieme; è, quindi, assolutamente necessario riconsiderarsi, per riconsiderare l’inopportunità dell’indifferenza nei confronti del capitale umano e nello specifico, nei confronti di quella risorsa umanamente insostituibile che si chiama capitale relazionale, un collante per tenere insieme le relazioni, portandole a cooperare attivamente, al fine del bene comune in tutti i diversi momenti della vita.
L’Italia soffre, prima di tutto e soprattutto, di una profonda crisi antropica; le diverse generazioni, precludendo ogni possibilità di cambiamento, proprio non sanno relazionarsi tra loro.
Vivono da separate; tanto, per mancanza di quel capitale relazionale che è assolutamente assente dagli scenari italiani, con grave danno per tutti, nonostante i progressi della scienza che hanno e non poco, contribuito a modificare il codice della vita, innalzando strepitosamente le attese di vita (79 per gli uomini , 83 per le donne).
Sono sostanzialmente cambiati gli stili di vita, migliorando, tra l’altro, le attese di vita.
In tutto questo non è cambiata la qualità della vita nel rapporto generazionale tra il mondo adulto, anziani compresi ed il mondo dei giovani.
Siamo, a mondi sempre più separati; c’è un crescente vuoto di solidarietà per i giovani abbandonati a se stessi; tanto, per il poco intelligente impegno adulto verso i giovani, il futuro del mondo.
Grazie ai cambiamenti epocali che garantiscono nel nostro Paese una longevità sempre più attiva, il mondo dei padri beneficia dei crescenti progressi della scienza; mentre registriamo tutto questo per l’Italia che invecchia sempre più, non sappiamo per niente agire saggiamente a favore dei giovani che, purtroppo, vivono nel nostro Paese, la triste condizione di società senza futuro; tanto, in virtù della scarsa considerazione che si ha per il capitale umano e soprattutto per quel capitale relazionale dove, a senso unico, ci sono scenari di vita con privilegi limitati al solo presente dal fiato corto e senza prospettive di futuro.
Il malessere generazionale fortemente presente nel nostro Paese, è un malessere grave; si vive confusamente di un presente assordante in una società che invecchia senza prospettive di futuro, mancando, come manca, dell’importante risorsa contenuta nel capitale relazionale che non è assolutamente presente nel nostro Sistema Paese, un sistema che, per gravi colpe di chi governa sgovernando, non ha alla base un modello di vita capace di dare la giusta attenzione al capitale umano ed al capitale relazionale, senza il quale, come dimostrato dalle inconcludenti cose italiane, non si va da nessuna parte, perché si vive in un presente con alla base le sole prospettive del nulla; tanto, per un forte malessere antropico da cui bisogna necessariamente guarire per non morire; per non essere travolti dal niente esistenziale.
Come non è assolutamente possibile fare a meno delle competenze e delle esperienze adulte, così non è, altrettanto, pensabile di fare a meno delle risorse giovanili che, con i loro sogni e le loro speranze di vita, rappresentano il futuro, ossia la continuità della vita che, richiede all’insieme della società italiana, l’intelligente utilizzo del capitale umano e nello specifico del capitale relazionale, una risorsa di cui non si può assolutamente non tenerne conto.
La società italiana, mancando di un saggio modello di vita, proprio non riesce a governarsi, così come si conviene ad una società che sa progettarsi il futuro, garantendo il welfare e le politiche del lavoro.
Nel nostro Paese gli anziani devono avere quel rispetto umano che non hanno, per una diffusa e crescente indifferenza nei loro confronti; sono sempre più considerati un peso umano e sociale affidato prevalentemente nelle mani di un badandato soprattutto straniero che spesso agisce in modo inconsulto e senz’anima.
Dov’è quel rispetto antico per gli anziani, sempre più cancellato da cambiamenti epocali che non hanno avuto in sé quell’insostituibile senso di umano, il primo ed essenziale elemento di ogni cambiamento approdato sulle sponde del progresso? Purtroppo, non c’è; è stato cancellato da un fare umano, in sé fortemente dannoso.
E così le cattiverie disumane contro il padre ingombrante, un peso insopportabile per la famiglia, si sono man mano allargate anche nei confronti del figlio, negandogli le politiche del lavoro e portandolo a vivere avendo davanti a sé i soli tristi orizzonti del niente, con file di disoccupati senza futuro, a cui è stata cancellata anche la speranza di un futuro possibile e/o almeno possibile da immaginare; possibile da sognare.
Come garantire in questo nostro Paese un futuro di vita umanamente dignitosa ai longevi, sempre più un peso sociale, per mancanza di risorse necessarie per evitare il collasso del sistema? Come aprire le porte al futuro di giovani del nostro Paese a cui, la mancanza di lavoro, li porta a non credere a niente ed a sentirsi disperatamente protagonisti del solo futuro negato? Del solo futuro rubato dai loro padri egoisticamente attenti a garantirsi risorse e privilegi, tutte per sé, indifferenti per il domani dei propri figli?
La risposta a questi importanti e sempre pressanti interrogativi italiani la dobbiamo saper intelligentemente trovare in noi; in noi, insieme italiano, protagonisti di un grande capitale umano, una grande risorsa da utilizzare con saggezza per quel futuro italiano assolutamente possibile, se non ci lasciamo vincere dallo sconforto di un presente sbagliato, perché malgovernato, ad un punto tale da non capire quanto sia importante, per cambiare le sorti italiane, quel negletto capitale relazionale, una risorsa italiana da cui dipende gran parte del nostro futuro.
Mentre il mondo anziano cresce (i tre milioni di ultraottantenni si triplicheranno nel 2050), il mondo dei giovani si va sempre più restringendo, tanto da determinare una grave transizione demografica, con squilibri epocali di portata enorme e per molti aspetti sconvolgenti.
Se non si fanno le cose giuste ed opportune, gli scenari italiani per anziani e giovani, saranno scenari veramente tristi; saranno scenari da profondo rosso; saranno scenari da ultima spiaggia.
Che fare da subito? Pensare, prima di tutto, ad una nuova organizzazione sociale e pensare di cambiare radicalmente il sistema Italia, affidandosi ad un modello di vita che deve prevedere, prima di tutto, un patto fra le generazioni, con alla base il prezioso capitale sia umano che relazionale.