Con un documento di cinquanta pagine, i vescovi calabresi chiudono le porte della Chiesa alle strumentalizzazioni della ‘ndrangheta. In un direttorio, diffuso oggi, i presuli stabiliscono indicazioni chiare per guidare l’attività dei parroci. E precisano, ad esempio, che i mafiosi non possono essere padrini di battesimo o cresima né testimoni di matrimonio, che i loro funerali possono essere celebrati se non c’è stato, da parte del defunto, “un precedente espresso rifiuto della celebrazione religiosa”, ma devono avvenire “in forma semplice, senza segni di pomposità, di fiori, canti, musiche e commemorazioni”, al limite anche limitandosi alla parte delle letture senza la celebrazione eucaristica. A chi fa parte della criminalità organizzata deve poi essere vietata la “partecipazione attiva alle feste religiose”, mentre l’organizzazione delle processioni deve essere controllata da una commissione diocesana e ottenere il nulla osta del vescovo nei casi in cui ci possa essere il rischio di infiltrazioni illecite, per evitare che le “manifestazioni genuine di pietà popolare” diventino “appannaggio delle famiglie ‘ndranghetiste del luogo, che mirerebbero soltanto a favorire la loro esteriore rispettabilità o, ancora peggio, i loro interessi economici e di potere”.
Un anno dopo lo scandalo degli “inchini” della statua della Madonna davanti alle casa dei boss, la risposta della Conferenza episcopale calabra detta le linee guida per tradurre nella pratica la scomunica ai mafiosi che papa Francesco ha pronunciato proprio in Calabria, durante la messa celebrata a Sibari. “Se la criminalità mafiosa è antievangelica e se la Chiesa è chiamata a contrastare ogni forma di peccato con la testimonianza e con la coerenza cristiana – scrivono i vescovi – ne consegue che la tradizione popolare delle processioni quale tesoro da custodire e valorizzare come genuina manifestazione di fede, va mondata da incrostazioni e devianze”. Si tratta, viene sottolineato, di tenere i riti sacri “al riparo da eventuali usi impropri e illeciti, o addirittura immorali e peccaminosi”.
Non è la prima volta che arriva, da parte dei presuli calabresi, l’esortazione alle comunità a prendere le distanze dai fenomeni mafiosi. Stavolta, però, vengono specificate anche le direttive che serviranno a sostenere i sacerdoti impegnati nei territori più esposti e ad evitare omissioni, silenzi, incomprensioni o collusioni che le cronache del passato hanno registrato e che ormai sono diventati un problema nazionale, come ha dimostrato il caso dei funerali di Vittorio Casamonica a Roma. E le restrizioni non valgono solo per chi ha riportato condanne, ma anche alle persone che “risultino affiliate o comunque contigue ad associazioni ‘ndranghetiste” e che, “con il loro operato o connivenza”, siano funzionali alla “affermazione sul territorio” degli interessi criminali.